Il Metodo di Problem Solving in 6+1 passi

Il metodo del Problem Solving in 6+1 passi per lo Studio Dentistico

Ciao e Benvenuta o Benvenuto in questa nuova puntata di “Grassi Risultati in Odontoiatria”.

In questo podcast abbiamo già parlato tante volte del fatto che una delle competenze che deve essere più sviluppata e resa efficiente in un Titolare di Studio dentistico è quella del problem solving.

Perché è evidente che una delle attività più importanti che ogni Titolare è chiamato a gestire ogni santo giorno, è proprio risolvere i problemi che si presentano.
Lato clinico – e fin qua solitamente è tutto sotto controllo – e lato extra clinico. E qui le cose si fanno decisamente più complesse.

Il tema è cruciale perché dall’abilità di problem solving, si determina la qualità delle decisioni e di conseguenza dei risultati dello Studio.

Il problem solving è talmente importante che in questo podcast abbiamo già parlato diverse volte – non so più nemmeno quante! –  in diversi modi della questione, affrontando tra l’altro, strumenti e approcci che ti permettono di diventare un ottimo problem-solver.

In una puntata (che puoi approfondire in questo articolo >>Risolvi Problemi più velocemente: come allenare la capacità di Problem Solving ) ho definito diventare un ottimo problem-solver trasformarsi in Mr. Wolf – quello di Pulp Fiction – che risolve problemi.

Bene, in questa puntata voglio darti un altro strumento, voglio illustrarti il metodo forse più famoso in assoluto di problem solving, strutturato in sei fasi, a cui ho aggiunto una mia personalissima settima fase.

 

Quale formato scegli?

 

A questo punto puoi decidere se ascoltare questo argomento grazie alla puntata del podcast “Grassi Risultati in Odontoiatria”, guardare il video oppure se immergerti nella lettura delle mie parole. A Te la scelta!

Qui sotto puoi ascoltare il podcast.

 

 

Qui puoi guardare il video.

 

 

 

Oppure continua a leggere.

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Introduzione al Problem Solving in Odontoiatria

 

Il metodo del Problem Solving in sei passi, per quanto mi risulti, non è attribuito a un creatore specifico. È piuttosto una metodologia che (da non so nemmeno quanto tempo) viene utilizzata in vari contesti sia aziendali che accademici. E si è evoluta nel tempo, attraverso contributi di diversi esperti in gestione e in risoluzione dei problemi.

Comunque sia, sembra proprio che sia nata in contesti di management nei quali venivano perseguite le finalità di qualità totale cioè l’approccio del Total Quality Management , il TQM, o quello di miglioramento continuo Kaizen, tutto quanto il filone della filosofia giapponese, il metodo Toyoda e così via.

A me è sempre piaciuta molto, l’ho usata tanto, tantissimo. Tanto che poi, nell’utilizzarla, ci ho aggiunto un settimo step che reputo fondamentale quando il contesto del Problem Solving è all’interno di un gruppo.

 

Le Conseguenze di un Approccio Non Strutturato al Problem Solving

 

Prima di entrare nel merito, voglio chiarire che cosa succede se non approcci il problem solving con un metodo strutturato.

Le conseguenze sono tutte – qualcuna di più, qualcuna di meno – particolarmente fastidiose.

 

La mancanza di chiarezza del problema e della soluzione

 

E ciò perché, tutte le volte che approcci alla risoluzione di un problema senza un metodo strutturato, la prima cosa che succede – forse la meno grave – è che si genera mancanza di chiarezza e questo però poi si porta dietro tutta una serie di altre implicazioni.
Tante volte questo succede perché la definizione del problema è vaga.


Quando il problema non è definito chiaramente, si generano incomprensioni su ciò che deve essere fatto, perché non è chiaro <<che cosa>> o <<perché>.
E tante volte la soluzione non diventa chiara e quindi diventa inefficace, proprio perché il problema è definito in maniera troppo vaga.

Ovviamente tutto questo porta a una non risoluzione del problema e al “sorbirsi e ciucciarsi” ancora le conseguenze che questo problema sta generando.

 

Prendere decisioni affrettate, superficiali ed errate

 

Ma quello che in un certo senso potrebbe capitare – e che è peggio – è prendere delle decisioni affrettate che possono portare alla definizione di soluzioni superficiali, che non riescono ad essere efficienti ma che comunque rischiano di bruciare risorse, tempo ed energie.
Non solo.
Queste decisioni affrettate, possono non prendere in considerazione tutte le alternative possibili e quindi magari tralasciare la soluzione migliore.
Oppure possono addirittura far prendere delle decisioni veramente sbagliate, che magari producono ancora più danni che il problema stesso.

Ovviamente poi tutto questo si porta dietro un’ulteriore implicazione, un’ulteriore conseguenza, un ulteriore effetto collaterale.
E cioè…

 

L’inefficienza all’interno di tutta l’organizzazione

 

Questo significa spreco di tempo e/o di denaro e soprattutto, sforzi ed energie usate male, indirizzate male, usate in modo confuso che poi hanno anche un impatto sul morale e sulla motivazione del Team.

 

L’impatto sulla comunicazione interna e le relazioni nel Team dello Studio Dentistico

 

Tra l’altro poi, sempre parlando di Team, un approccio non strutturato al Problem Solving può generare una comunicazione non adeguata all’interno del Team. Può portare al creare aspettative che poi vengono disattese, a delle tensioni. E di fatto, creare tutta quanta una serie di attriti che poi rendono altre cose un problema.

Perciò, un approccio destrutturato può generare delle tensioni che poi vanno a generare problemi in altri ambiti dello Studio.

Ovviamente poi tutto questo, aumenta in maniera esponenziale il rischio di fallimento, la perdita di fiducia nell’Organizzazione e negli Altri.

 

Innescare “l’effetto ventilatore”

 

Insomma: approcciare il Problem Solving senza un metodo strutturato, tante volte genera quello che io chiamo “l’effetto ventilatore”.
Il ventilatore muove tanta aria, gira fortissimo ma alla fine ha consumato energia ed è rimasto lì. Non è che si è mosso, non è che si è generata una spinta propulsiva che ha portato lo Studio da dove è a dove dovrebbe essere una volta risolto quel problema.

Ha girato tanto, ha fatto un po’ di rumore, sì mosso dell’aria – che in questa stagione fa anche piacere – ma nella pratica non cambiato realmente I risultati e le performance.

 

Come affrontare e risolvere i problemi nello Studio Dentistico con il “Metodo del Problem Solving dei 6 + 1 passi”

 

Se invece adotti un approccio strutturato al Problem Solving e in particolare quello che ho ribattezzato il “Metodo del Problem Solving dei 6 + 1 passi”, puoi di fatto aspettarti dei grandi benefici.
Perché è un approccio che ti dà chiarezza, perché ti dà un approccio sistematico organizzato alla soluzione dei problemi che riduce la confusione e riduce anche l’incertezza che c’è nel prendere le responsabilità.

Migliora tanto la comunicazione interna perché permette di comunicare chiaramente il problema, le soluzioni, le aspettative e le responsabilità.

Permette tra l’altro di fare delle analisi approfondite che permettono di capire meglio la tua realtà e il tuo contesto all’interno del quale si inserisce quel problema, così da individuare delle questioni ancora più importanti di quel problema.

È un approccio che a me piace tanto perché sviluppa la creatività. E la creatività porta molto spesso alla innovazione.

Mi piace tanto perché permette di prendere delle decisioni consapevoli, soprattutto perché c’è uno step che permette di valutare le alternative.

E poi mi piace perché è un metodo che permette di tenere il controllo su quella che viene definita la fase di execution. Cioè quella nella quale viene eseguita la soluzione che viene individuata.

Capiamo quindi come funziona, perché in realtà è molto semplice.

 

Step n° 1: Identifica il problema

 

Lo step n°1 consiste nell’identificare il problema, cioè riconoscerlo prima di tutto. É facile.
A volte lo riconosci Tu, magari guardando dati come il cruscotto delle performance dello Studio, oppure magari è un membro del Team che ti viene a sottoporre il problema.

Beh in questa fase è importante identificarlo, specificarlo chiaramente, definirlo in modo concreto, magari attaccandoci anche dei numeri.
Un po’ come accade per la definizione corretta di un obiettivo, che lo deve rendere specifico e magari misurabile: tante volte individuare chiaramente un obiettivo significa appiccicargli un numero.

Per cui, vediamo con un esempio.

Abbiamo un problema: sono calate le prime visite? È un po’ vago.
Ok, specifichiamolo meglio: di quanto sono calate queste prime visite? Partiamo da lì!

Quindi il primo step, consiste proprio nel riconoscere e definire chiaramente il problema che si desidera risolvere. Perché quanto più c’è chiarezza in questa fase quanto più le cose sono facili dopo.

Ovviamente da parte tua in questa fase è importante ascoltare quello che ti viene detto.
É importante osservare quello che c’è attorno a Te, in modo tale da riuscire proprio a dipingere chiaramente l’immagine realmente la pertinenza del problema.

 

Step n° 2: Valutare attraverso il pensiero critico

 

Lo step n°2, è molto importante perché serve per applicare quello che io definisco il pensiero critico e valutare dei dati per verificare realmente la pertinenza del problema.

Guarda, mi sono ripromesso di fare una puntata dedicata al pensiero critico, perché vedo un sacco di Persone approcciare problemi che non sono reali problemi da risolvere, semplicemente perché non ragionano in modo critico.

Ipotizza la situazione:

“Doc abbiamo un problema, le prime visite sono troppo poche, dobbiamo farne di più.”

Ok, è chiaro che se ti arriva un membro del Team con questo problema, magari parti a testa bassa.
Ma con lo step n°2 cioè “valuta dei dati per verificare il problema” significa approcciare un pensiero critico facendo un po’ di avvocatura del diavolo.
Che tradotto significa:

“É veramente questa la questione? Veramente questo è un problema? È veramente così?”

Perché magari poi vai a guardare bene i dati e ti accorgi che il problema non è nel numero di prime visite ma magari nel modo in cui le prime visite vengono condotte. E di fatto se Tu reagissi senza pensiero critico e analisi di dati al primo problema che ti arriva sul tavolo, useresti risorse, tempo ed energie per fare di fatto la cosa sbagliata.

Quindi questo secondo step, consiste nel mettere in discussione il problema, analizzarlo in modo neutro – non perché non ti fidi ma perché vuoi verificare il fatto che sia un reale problema e quindi analizzi in modo neutro informazioni che servono per confermarlo – definirlo meglio (perché anche questo è importante), oppure nel caso, smentire il problema. E in questo secondo caso, tanto meglio: vuol dire che c’è qualcos’altro su cui ci si deve concentrare e non vai a lavorare per nulla.

Tra l’altro, guarda i tuoi cruscotti, parla con i membri del Team, parla con i Pazienti per verificare la problematica (perché tante volte attribuiamo ai Pazienti o ai Clienti in generale della nostra Attività una serie di problematiche, che poi quando vai a confrontarti con Loro, scopri essere diverse da come ti vengono spiegate, dette e definite).

Perciò analizza tutte le informazioni per validare, smentire o definire meglio il problema che hai davanti.

 

Step n° 3: Individua le radici del problema

 

Abbiamo già parlato in passato di questo punto specifico: individuare le radici del problema è la cosa realmente importante e fondamentale in ogni attività di Problem Solving.

E ciò perché…


Tante volte quello che ci appare come problema non è in realtà un vero problema. Ma è una conseguenza di qualcos’altro.

E andare a individuare le radici del problema, è fondamentale. Perché a Te serve esaminare le cause del problema perché è relativamente a quello che Tu devi andare a produrre delle soluzioni.

Tra l’altro, io consiglio tantissimo per fare questo – perché è uno strumento visivo molto comodo – l’utilizzo di strumenti come mappe mentali o ad esempio il diagramma di Shikawa, proprio andare ad identificare le potenziali radici di questo problema.

Se non se non sai che cos’è il diagramma di Shikawa, tieni presente che non è proprio comodissimo spiegarlo all’interno di un podcast, magari vai ad approfondire la questione perché sono sicuro che su YouTube ci sia un qualche tutorial che te lo illustra e te lo spiega. Di fatto il diagramma di Shikawa che è noto anche come il nome di diagramma a lisca di pesce, è uno strumento di problem solving che viene proprio utilizzato per identificare e anche rappresentare visivamente, le cause di un problema. È chiamato così perché partendo dalla testa del pesce, cioè dal problema, si sviluppa con tutta questa forma che ricorda proprio quella della lisca di pesce.

Comunque sia, qualsiasi strumento utilizzi, come ad esempio la Tecnica dei 5 Perché che abbiamo affrontato in uno degli episodi del podcast (che puoi trovare in questo articolo >> ), vai a fondo e cerca di capire le radici di quel problema, cioè le cose che lo causano.

Step n° 4: Generare le soluzioni

 

Lo step n° 4 è quello in cui devi generare le soluzioni e quindi fare un brainstorming nel quale è più importante la quantità che la qualità delle risposte. E ciò, proprio per produrre quante più possibili soluzioni senza giudicare la loro fattibilità immediata. Perché non è questa la fase nella quale dobbiamo identificare la soluzione migliore ma qua dobbiamo solo identificare tutte le possibili strade.

E allora il classico brainstorming nel quale la quantità delle risposte è più importante della qualità delle stesse, ci serve per poter avere maggiori possibilità di esplorare tutti i possibili casi e le possibili soluzioni che possiamo mettere in pratica.

 

Step n° 5: Selezione della soluzione migliore

 

Qui si tratta proprio di valutare tutte le soluzioni che sono uscite, scartare quelle inverosimili o infattibili e scegliere quella più efficace e praticabile.

Mi raccomando, questo per me è un tema molto, molto, molto importante: valuta quanto le soluzioni siano ecologiche.

Spesso anche con il nostro Team dell’Accademia per lo Sviluppo Imprenditoriale dello Studio Dentistico, mi ritrovo a ripetere la frase:

 


Una soluzione che genera un problema diverso a quello che cerca di risolvere,
non può essere considerata una soluzione.

 

Ecco, tante volte, vengono prodotte delle soluzioni che sì risolvono un problema ma poi ne generano da un’altra parte, un altro che potrebbe addirittura essere ancora più delicato perché delle conseguenze ancora più gravi.

Quindi, seleziona la soluzione migliore tra quelle a disposizione, sia in termini di efficienza nel risolvere il problema ma anche rispetto a quanto sia priva di “effetti collaterali” che generano problematiche altrove.

 

Step n° 6: Implementa e monitora la soluzione

 

Metti in pratica la soluzione prescelta.

La prima cosa da fare, è definire un piano d’azione per concretizzare la tua soluzione.
Una volta che hai definito la soluzione migliore, il primo step da fare è progettare tutto il piano d’azione per metterla in pratica.

Definisci con chiarezza ruoli e responsabilità se ci sono diverse attività che più Persone devono fare, ciascuna per portarsi a casa un pezzettino che serve poi al risultato complessivo.

Quindi piano d’azione, scadenze e responsabilità ben definite.

Poi avvia la soluzione – schiaccia “il pulsante Start” – e monitora sistematicamente quello che sta succedendo e quanto la soluzione sta producendo i risultati che vi state aspettando.
Se è così, bene. Dispensa pacche sulle spalle. Se invece non è così, dispensa feedback e fai in modo che ci siano gli aggiustamenti del caso, in modo tale che ognuno che è responsabile delle varie attività, sia nelle condizioni di ritarare la propria parte del lavoro.

Ciò detto questi sono i sei step del metodo classico del Problem Solving in sei passi.

 

Il 7° step del Metodo del Problem Solving: Condividi con il Team

 

Ti aggiungo quello che io ho chiamato “lo step 6 + 1” perché è tante volte utile quando sei in un contesto di Team. Mentre non lo è, se il problema che stai risolvendo è semplicemente una cosa che hai affrontato da solo.

Se è una tematica affrontata con il Team, allora il “più uno” è molto utile perché è lo step del “condividi con il Team”.

È importante soprattutto se il problema che hai gestito è un problema macroscopico dello Studio. É un problema sul quale magari avete fatto in tanti un brainstorming per trovare delle soluzioni e in Tanti si sono occupati di pezzettini della soluzione. Quindi restituisci il risultato generale della soluzione in modo da condividere il successo o, se dovesse servire, rifare una attività di pianificazione, riallineamento degli intenti in modo tale che abbiate una nuova soluzione progettata.

Eccoli qua: i 6 +1 passi.

 

In conclusione

 

Facciamo un veloce recap in modo che ce li hai chiari.

Step uno identifica il problema, step due applica il pensiero critico e valuta dei dati per verificare il problema. Step numero tre: individua le radici di quel problema. Step numero quattro: genera le soluzioni con un approccio di brainstorming. Step numero cinque: seleziona la soluzione migliore (mi raccomando quella priva di effetti collaterali che generano problematiche altrove).
Arriviamo allo step numero: sei implementa la soluzione e monitora quello che sta succedendo.
Infine, step numero “sei più uno”: condividi con il Team il risultato finale di tutto quanto il vostro lavoro.

E questo riepilogo, chiude anche questo episodio sul Problem Solving.

Se senti che la questione è un tema rilevante per Te perché non ti senti questo Mister Wolf così efficiente nel risolvere le problematiche che ogni giorno ti trovi davanti, ti consiglio di approfondire anche questi altri articoli in cui parliamo di Problem Solving e farti un quadro decisamente più ampio.

 

Da parte mia, ancora una volta, buona estate.

Ti aspetto nel prossimo episodio. Ciao!

 

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