La Sindrome del Dente Fantasma

Come riconoscere e trattare la Sindrome del Dente Fantasma: gestire il Paziente e salvare la relazione con lo Studio Dentistico

Ciao e Benvenuta o Benvenuto in questo nuovo episodio di “Grassi Risultati in Odontoiatria”, episodio nel quale parliamo di clinica con un clinico.

Sì, c’è un ospite, una Dottoressa e parliamo di un argomento particolare. Particolare, perché non è così conosciuto.

Quando me ne parlato la prima volta Anna, io la ascoltavo con gli occhi sgranati perché non avevo mai sentito parlare di questa sindrome. Ma entrando un pochettino nel dettaglio della questione, ho voluto approfondire con Lei, tanto che, poi, l’ho invitata qui nel podcast per condividere queste riflessioni insieme.

Perché quello di cui mi ha parlato, la sindrome del dente fantasma, è in realtà una minaccia molto subdola alla relazione tra il Paziente e lo Studio.
Tanto che, può compromettere la longevità di questa relazione, la relazione nel lungo periodo, può far abbandonare lo Studio da parte del Paziente e soprattutto può innescare un passaparola negativo proprio per le conseguenze che spesso una cattiva gestione della sindrome del dente fantasma, genera.

Quale formato scegli?

A questo punto puoi decidere se ascoltare questo argomento grazie alla puntata del podcast “Grassi Risultati in Odontoiatria”, guardare il video, oppure se immergerti nella lettura delle mie parole.
A Te la scelta!

Qui sotto puoi ascoltare il podcast.

Qui puoi guardare il video

Oppure continua a leggere.

***

Ospite del Podcast "Grassi Risultati in Odontoiatria": la Dott.ssa Anna Alessandri Bonetti

Andrea:

Ciao Anna, Benvenuta!

Sono molto contento che Tu sia qui. Ho raccontato prima un po’ come siamo arrivati a questo argomento che mi ha incuriosito, mi ha intrippato tantissimo.

Ma prima di lanciarci lì, dai, raccontaci qualcosa su di Te, un po’ il tuo percorso professionale, insomma dai dicci un po’ di Te.

 

Anna:

Intanto grazie Andrea di questo invito e Benvenuti a Tutti.

Io mi sono laureata all’Università Cattolica del Sacro Cuore, quindi diciamo al Gemelli e da subito ho avuto un po’ questo interesse specifico per un mondo un po’ particolare.

In realtà poi ho fatto la specializzazione in Ortodonzia da noi in Italia. Ho fatto il dottorato di ricerca, mi sono concentrata sui dolori facciali e l’associazione col sonno. E ho fatto un periodo di fellowship internazionale, proprio sul dolore orofacciale, all’Università del Kentucky sotto la guida del Professor Rockerson.

Diciamo che questo ambito del dolore facciale, è quello che più mi ha appassionato, appunto, già dai tempi dell’Università.
Perché riconoscevo troppa confusione intorno a me sotto questo ambito.
Sentivo un po’ di opinioni differenti, molto differenti.
E tante volte vedevo Pazienti che rimanevano un po’ spiazzati.

Allora da lì ho detto: aspetta, andiamo a valutare un po’ meglio che cosa possiamo fare, andiamo a cercare una fonte più autorevole. E Chi meglio di colui che ha scritto tutti i libri su questi ambiti? Quindi sono volata in Kentucky.

 

Andrea:

Ecco, sei volata in Kentucky…poi sei rientrata?

 

 

Anna:

Poi sono rientrata, sì, ogni tanto si rientra!

Adesso sono nel mio ambulatorio Faenza, in provincia di Ravenna, vicino a Bologna e continuo a insegnare a Roma, sempre all’Università Cattolica, sono un Professore a contratto, proprio su queste cose.

Cos’è la Sindrome del Dente Fantasma

Andrea:

Bene, complimenti!

Allora senti, dimmi una cosa…

Perché quando stavamo chiacchierando in una pausa del percorso di implementazione del Profit Monday, ci stavamo un po’ confrontando sull’importanza dell’empatia da parte del Dentista e la relazione con il Paziente.
E Tu mi hai snocciolato lì, questa cosa della sindrome del dente fantasma e poi di tutte quante le riflessioni che ci abbiamo fatto dopo, che mi son detto: “Scusa, che cosa? Che cos’è?”.

Allora, spiegaci!

Perché probabilmente, a me la cosa che interessa, è arrivare alle considerazioni che facciamo in seguito. Però ha stupito tanto me, non so se la conoscono tutti quelli che ci ascoltano.

Allora la domanda per Te è: “Che cos’è esattamente la sindrome del dente fantasma?”

Anna:

È qualche cosa di tanto spaventoso quanto suona. E in realtà, proprio la cosa più spaventosa, è che sicuramente tanti dei Colleghi non ne avranno mai sentito parlare.

La sindrome del dente fantasma è un po’ il suo nome originario, un po’ più vecchio.
Oggi si dovrebbe parlare di un dolore neuropatico trigeminale post traumatico ma se andiamo ad accorciare tutta questa sigla, il succo non cambia.

Stiamo parlando di un dolore, appunto, neuropatico, quindi qualche cosa che dipende dai nervi, che si sviluppa a seguito di un trauma.
Trauma in realtà vuol dire qualsiasi cosa.
Quindi il trauma potrebbe essere nel nostro ambito da un’anestesia odontoiatrica, all’estrazione di un dente, a una terapia canalare, all’applicazione di un impianto. Cioè qualsiasi cosa che richieda appunto, un traumatismo nella nostra zona, cioè fondamentalmente quello che facciamo tutti i giorni.

I sintomi del Dente Fantasma

Andrea:

Ok e che cosa succede al Paziente?
Quali sono i sintomi della sindrome del dente fantasma?

 

Anna:

Nell’arco di un tempo variabile, diciamo che per parlare di sindrome del dente fantasma dovrebbe essere all’interno dei primi sei mesi dopo questo trauma, insorge un dolore che può essere più o meno localizzato. Quindi potrebbe essere direttamente nel sito del dente che è stato estratto, o in quella zona lì vicino.

É facilmente un dolore un po’ sordo, un dolore opprimente – viene descritto in vari modi dai Pazienti – e tra l’altro, un dolore che può non essere presente costantemente. Cioè deve essere presente ogni giorno ma è sufficiente che sia presente un paio d’ore al giorno.

Quindi stiamo parlando non per forza di un dolore intenso, capiamoci. Può essere appunto, un dolore sordo presente lì.
Tipicamente, quando parliamo di dolore, ragioniamo in una scala da zero a dieci. Questo è un dolore che potrebbe essere tranquillamente un tre, un quattro, un cinque, molto soggettivo.
Abbiamo anche dei Pazienti che hanno un dolore sette, otto su dieci – quindi molto significativo – ma in realtà è molto variabile.

E sono tipicamente dei Pazienti che localizzano il dolore comunque in quella zona in cui più o meno è stato fatto l’intervento, di qualsiasi intervento parliamo. E la caratteristica è che andando ad osservare non notiamo niente di anomalo.

Quindi diciamo che potremmo aver fatto un’otturazione e che l’otturazione potrebbe essere fatta benissimo o potremmo aver fatto una terapia canalare, aver devitalizzato il dente e averla fatta benissimo ma il Paziente continuare ad avere dolore su quel dente che noi abbiamo devitalizzato.

 

Andrea:

Cioè, Tu mi hai devitalizzato il dente, di fatto non c’è più – perdonatemi sapete che non sono un clinico! – non c’è più nessuna tipologia di connessione nervosa tra quel dente e quel cervello, quindi non ci dovrebbero essere le condizioni perché ci possa essere del dolore, perché il dente è stato completamente devitalizzato, però continuo a provare un dolore.

Fammi capire: è la stessa cosa dell’arto fantasma, quando una Persona perde un arto per un trauma e continua ad avere male come se avesse l’arto ma l’arto non ce l’ha più? È più o meno la stessa cosa?

 

Anna:

Esatto, con la differenza che gli Ortopedici intanto ne sono a conoscenza, probabilmente molto di più di quello che lo siamo noi Dentisti.

 

 

Andrea:

Infatti io dell’arto fantasma ne avevo sentito parlare… nei libri, nei romanzi, in qualche film, cioè cultura di base, intendo.

 

Anna:

Sì, sì, sì.

E tra l’altro, l’arto chiaramente non può essere devitalizzato, mentre nei denti abbiamo questa possibilità qui.

Ma il concetto resta uguale.
Quindi, qualche cosa che a logica non potrebbe farci male, che non alcun senso che ci faccia male…Eppure ci fa male proprio perché c’è stato un errore da qualche parte nella trasmissione nervosa.

Cioè non un errore da parte del Clinico.
Il Clinico ha fatto il suo lavoro esattamente come dovrebbe farlo.

Semplicemente quel Paziente, è un Paziente particolarmente suscettibile per qualche ragione, per cui sviluppa questo dolore.

Addirittura, se il Clinico non avesse fatto un buon lavoro, non potremmo parlare di un dolore neuropatico, perché la causa sarebbe molto semplicemente l’errore del Clinico.
Sarebbe sufficiente rifare la devitalizzazione o andare a risolvere quella nostra pratica clinica.

Invece non è così, non c’è nessun tipo di errore da parte del Clinico. Fa esattamente il suo lavoro, perfettamente il suo lavoro, quel dente non ha niente di sbagliato, eppure ci viene a manifestare proprio un dolore.

La predisposizione alla Sindrome del Dente Fantasma

Andrea:

É una condizione frequente?
C’è qualcuno che ne soffre più di altri?
Ci sono studi che dicono che ci sono delle tipologie di Persone che sono più portate rispetto ad altre?

 

Anna:

Sì, qualche indicazione ce l’abbiamo, anche se ti dirò: abbastanza poche.
Nel senso che, quando si parla di prevalenza, quindi di quante Persone hanno questo problema, diventa fondamentale riuscire a identificarle.

Qui noi abbiamo proprio il problema di riuscire a fare diagnosi. Quindi, chiaramente, nel momento in cui non riesci a fare diagnosi non potrai mai identificare quante Persone ce l’hanno.

Alcuni studi ci hanno provato e sembrano identificare nei Pazienti che vengono sottoposti a terapie endodontiche un 3% di questi sviluppa il dolore.

 

Andrea:

Beh, non sono pochissimi.

Cioè in uno Studio Dentistico, statisticamente, se andiamo a contare tutte le terapie canalari che vengono fatte, o meglio, tutte le bocche nelle quali vengono fatte terapie canalari (perché a qualcuno magari ne viene fatta più di una) è facile che ci siano tre, sei, nove Persone all’anno.

 

Anna:

Sì, purtroppo è un numero che per quanto sembri a livello macroscopico piccolo, se poi ragioniamo su quanti Pazienti vediamo, esattamente come dici Tu, non è così poco.

E ogni tanto quando parlo di queste cose con I colleghi, soprattutto I più grandi, tendono a dirmi:

“Ma io in tanti anni di esperienza questo problema non l’ho mai visto, è possibile?”

 

Andrea:

È possibile. Poi che sia probabile o no è un altro discorso…

 

Anna:

Ricordiamoci che se non sappiamo riconoscere un problema, sicuramente non possiamo diagnosticarlo.

 

Andrea:

Guarda, esco un attimo dalla questione…

Qualche sera fa, abbiamo fatto un webinar sulla parodontologia e facevamo un confronto tra i dati epidemiologici. Quante Persone ne soffrono, statisticamente quanti ne soffrono all’interno di una anagrafica di uno Studio (che sono molti di più di quel 3% di cui parli) e dei Dentisti commentavano:

“No, io non mi ritrovo, io non ho così tante persone malate.”

E allora lì diventa la chiave: il passaggio numero uno, è se la vai a cercare o no una cosa.
Se la vai a cercare la trovi, se non la vai a cercare non la trovi.

Come diagnosticare la sindrome del Dente Fantasma

Andrea:

Ecco, ma per trovarla, ci sono segnali che possono far capire questo al Dentista? Ci sono? Cioè come viene fatto un riscontro?

Perché l’ho imparato anch’io come si fa sulla parodontite, oppure delle occlusioni come si può fare… Ma in questo caso, la diagnosi per andare a cercare e capire perlomeno che questo Paziente non è “un lamentino” ma ha questa tipologia di problema, come può essere fatta?

 

Anna:

Ci sono dei Pazienti che hanno maggior rischio di sviluppare queste problematiche, anche se è una descrizione talmente generica che non ci può guidare.

Quelli che hanno maggior rischio sono tipicamente le femmine, quindi c’è un’associazione nel sesso in questo senso.

 

Andrea:

Beh sai, i cervelli degli uomini sono evidentemente molto più semplici e quindi non hanno la possibilità di creare tutte queste sinapsi… e quindi non c’è spazio per questo dolore neuropatico.

Vedi, il cervello superiore non sempre è un vantaggio…!

 

Anna:

Pazienti che hanno facilmente in altre zone dei dolori cronici, quindi dove il sistema nervoso è già sottoposto ad altre sintomatologie dolorose.

E soprattutto Pazienti che hanno avuto un dolore in quella zona, in quel dente, per più tempo prima di andare incontro a un trattamento.

 

Andrea:

È come se rimanesse nel cervello la memoria di questo dolore.

 

Anna:

Esattamente, questa è una delle teorie.

Oggi in realtà, è abbastanza difficile riuscire a capire esattamente qual è la causa di questo dolore ma una delle teorie è proprio quella.
Vedendo che c’è questa associazione tra Chi ha dolore per più tempo, prima di andare incontro a una terapia e lo sviluppo di questi dolori, sembra che sia proprio così.

É come se il cervello memorizzasse quella strada, quell’informazione e la riportasse avanti anche nel momento in cui quel dolore non c’è più.

Quello che vediamo clinicamente quando un Paziente arriva con questo dolore, è una storia molto tipica. Nel senso che, come prima cosa ovviamente ci racconterà che c’è un dolore in quella zona (nella zona del dente, della bocca, della gengiva, qualsiasi sia la zona).
E come tutti i Dentisti, la prima cosa che facciamo, andiamo a guardare.

Come Dentisti siamo molto bravi. Tipicamente il dolore siamo in grado di vederlo molto più dei Medici: una carie la vediamo, un ascesso lo vediamo. Riusciamo a vedere e quindi la prima cosa che facciamo, andiamo proprio a vedere quella zona lì.

E poi intervistiamo il Paziente:

“Questo dolore com’è? Da quanto tempo è? Che cosa lo fa cambiare? Quindi che cosa lo fa aumentare o che cosa lo fa diminuire?”

Sappiamo che, se c’è un dolore tipico a un dente, la stimolazione del dente cambia il dolore.
Invece in questi Pazienti, è un dolore che è sempre lì. Ogni tanto se ne va ma è difficile capire, perché se ne va, difficile capire che cosa lo riporta.

Quindi è una descrizione molto più vaga se vogliamo.

Ma soprattutto, la vera discriminante è che andando a osservare quel dente, quel dente non ha niente di anomalo.
Quindi se è stata fatta l’estrazione il dente non c’è più, se è stata fatta una devitalizzazione, il dente è correttamente devitalizzato.

La relazione tra Medico e Paziente

Andrea:

Sì perché c’è un riscontro oggettivo che è correttamente devitalizzato.

E qua c’è proprio il nocciolo della puntata e la ragione per cui ti ho chiesto di venire a parlare di queste cose, che tra l’altro mi piace introdurre anche queste tematiche di tipo clinico all’interno delle chiacchierate che ci facciamo in questo podcast.

Perché, mentre Tu me ne parlavi, la cosa che a me è immediatamente saltata in testa è l’opportunità o la minaccia, dipende come viene gestita, nella relazione che c’è tra Paziente e Medico.

Perché se adesso – sto cercando di empatizzare – io mi metto nei panni, della Persona alla quale è stata fatta una devitalizzazione…

Ha male, torna dal Dentista dicendo che ha male, le viene fatta una radiografia di controllo, si verifica che il dente è correttamente devitalizzato ma la persona ha comunque male.
Per il Medico, sentirsi dire “Ho male” è visceralmente, inconsciamente, un “Ha fatto male il suo lavoro, c’è qualcosa che non va, ha sbagliato qualcosa”.

E quindi anche qui, inconsciamente e visceralmente, ci si può mettere sulla difensiva.

Al punto che il Paziente, può essere liquidato con un: “No ma guardi va tutto bene, è tutto a posto, si sta lamentando di qualcosa che non esiste.”

E quindi questa Persona si sente non ascoltata, non capita, può sentirsi stupida, può sentirsi pazza, può sentirsi frustrata, possono innescarsi tutte queste cose che poi compromettono la relazione.

Certo stiamo parlando di statisticamente tre persone ogni cento devitalizzazioni, poi potremmo aggiungere le estrazioni, poi potremmo aggiungere le otturazioni. Però se le sommiamo tutte, può diventare un elemento che compromette alcune relazioni di lungo periodo con i Pazienti.

Visto che da quello che ho capito chiacchierando, da Te arrivano Persone che cercano soluzioni anche a queste tipologie di problemi, ti faccio una domanda.

“Quali sono le trappole più grandi che vedi nella relazione Paziente-Dentista?
E gli errori più grandi che vengono fatti nella gestione di un Paziente che ha quello che adesso stiamo chiamando Sindrome del Dente Fantasma (che magari prima nella testa di qualcuno poteva semplicemente essere un Paziente che si lamenta, che ha paura, che brontola e basta e così via)?”

Trappole ed errori che si commettono nella relazione con il paziente affetto dalla Sindrome del Dente Fantasma

Anna:

Eh Andre, questo per me è un tema molto sensibile, come sai.
Perché penso che il nostro compito, come Medici, sia proprio quello di mettere il Paziente al primo posto. E quindi penso che sia proprio il nostro dovere, conoscere queste cose e aiutare i nostri Pazienti.

Il Professor Roccheson, che considero non solo la mia guida ma il mio mentore, quando abbiamo parlato per la prima volta di questi dolori che io ho scoperto stando da loro negli Stati Uniti, lui mi ha detto:

“Sai, quando ho iniziato a lavorare vedevo tanti Pazienti pazzi, adesso non ne vedo neanche uno.”

Quindi secondo me, l’errore più grande da parte nostra, è quello di pensare di avere noi la verità in tasca e di sentirci – come dicevi Tu – attaccati.

Quando un Paziente che torna da noi e ha sviluppato questo dolore, non cerca di dirci che non sappiamo fare il nostro lavoro, anzi.
Se conosciamo questo dolore, sappiamo che l’abbiamo proprio fatto bene il nostro lavoro.

É semplicemente un Paziente che ha bisogno che riconosciamo che soffre di una condizione, di una patologia, che ha bisogno di essere trattato e quindi riuscire a empatizzare.

Le storie che sento sono agghiaccianti.
Di Pazienti che ovviamente, dopo questa esperienza hanno cambiato il Dentista.
Che sono arrabbiati con quel Dentista, non tanto per lo sviluppo del dolore – che comunque finché non riescono a darci un nome un po’ di rabbia c’è – ma soprattutto perché facilmente si sono sentiti dire cose molto sgradevoli.

Come dicevi Tu, da “il dolore non esiste”, a “ma allora lei non lo vede che il dente non c’è?”, a “questo dolore se lo sta inventando”, cioè cose che chiaramente sono assolutamente ingiuste.

Tanto che, tipicamente arrivano da me dopo che hanno visto più Dentisti e la prima cosa che mi dicono con gli occhi pieni di lacrime è proprio questa:

“Dottoressa ho male a un dente ma io lo so che non c’è!”

Quindi cercano di mettere le mani avanti a questo punto dicendo:

“Lo so, lo so che è devitalizzato però io comunque ho male lì.”

Quindi fa male se ci consideriamo Medici, chiaramente crea problemi di relazione tra di noi e il Paziente e ovviamente nei confronti poi di tutto lo Studio si viene un po’ a perdere proprio quel rapporto con i Pazienti, che invece è fondamentale.

Gli step per gestire il Paziente affetto dalla Sindrome del Dente Fantasma

Andrea:

E quindi, volendolo gestire correttamente, visto che ti trovi per una ragione o per un’altra a gestirlo, cosa occorre fare?

Il primo step, dicevamo, è prenderne consapevolezza.

Quindi, prendo atto di questa sindrome e la vado a cercare ogni volta in cui mi capita una Persona che all’apparenza – parafrasando – “mi sembra pazza”.

Ok, dopo c’è una cura? C’è qualcosa che si può fare? C’è solo da rassicurare il Paziente e spiegargli che succede per questa ragione e fargli fare pace con la sua anima, perché continuerà ad avere questo dolore? C’è qualcosa che si può fare? Ci sono delle soluzioni, delle cure, qualcosa che smorza?

Non lo so.
Qual è lo step successivo?

Perché altrimenti possiamo parlare del “Sì, mantengo la relazione con il Paziente senza farlo sentire pazzo però gli lascio il dolore”.

C’è modo di aiutarle queste persone?

Le terapie per la Sindrome del Dente Fantasma

Anna:

Sì, c’è modo parliamo più di terapie che di cure. Proprio perché, vi dicevo, il problema è nervoso. Ci sono un po’ di teorie sul perché insorga ma ancora qualche dubbio c’è, ecco perché una cura è molto difficile da trovare.

Però esistono delle terapie e le terapie hanno tanti vantaggi.

Intanto quello di far percepire al Paziente che quel dolore si può ridurre, può scomparire, può anche non esistere. Quindi riuscire, anche per il Paziente, a dare un nome a questo dolore e riuscire ad affrontarlo e poi da lì vederne un po’ gli effetti.

Cosa voglio dire?
La terapia è in genere una terapia farmacologica. Possono essere utilizzati vari tipi di farmaci e magari come Odontoiatri non ci sentiamo a nostro agio con tutti questi farmaci e va benissimo creare una collaborazione con il Neurologo.

Il consiglio che do, se vi rapportate con un Neurologo e mandate un Paziente al Neurologo per questo dolore, benissimo!
Atteggiamento meraviglioso ma scrivete due lettere a quel Neurologo. Perché se il Paziente arriva dal Neurologo e dice “Guardi mi ha mandato il Dentista perché ho dolore al dente…” non fate una gran bella figura con il Neurologo!

 

Andrea:

Il Neurologo dovrebbe sapere o no della sindrome?

 

Anna:

Istintivamente la prima cosa che gli dirà sarà:

“Guardi cambi Dentista, perché curare il dente è un compito del Dentista”.

Invece, diverso è scrivere due righe e dire:

“Guardi ho valutato questo Paziente, lamenta un dolore al dente. Ciò nonostante, quel dente è stato correttamente devitalizzato, ho controllato che la devitalizzazione è stata fatta bene – piuttosto che – è nella zona in cui ho estratto un dente…”

E quindi descrivere qualche cosa in più.

Perché come dicevamo poc’anzi, la prima cosa, deve essere che la devitalizzazione sia stata fatta bene e questo non è compito del Neurologo vederlo.
A questo punto il rapporto ovviamente si semplifica e quindi anche il Neurologo ci vedrà con un occhio diverso.

Come dicevo, la terapia è tipicamente farmacologica.
Possiamo gestirla noi o inviarli al Neurologo, quello che si cerca di fare è di ridurre quel dolore e possibilmente di farlo scomparire.

A quel punto si decideranno i passi successivi.

Nella migliore delle ipotesi, con la terapia farmacologica riusciremo a gestire completamente il dolore, quindi un dolore ormai inesistente per quel Paziente.
Terremo quel farmaco per qualche mese, con l’obiettivo proprio di andare a lavorare di nuovo su quella plasticità del sistema nervoso di cui parlavamo prima, quella che aveva giocato a nostro sfavore prima, e che speriamo invece questa volta ci aiuti.
E dopo qualche mese gradualmente ridurre quel farmaco e sperare che quel dolore non ritorni.

A volte ci ritroviamo che riducendo il farmaco il dolore ritorna e quindi si può decidere di continuare a riprenderlo.

Altre volte la mia esperienza è che ci siano Pazienti che nel momento in cui riescono a capire che con quel farmaco il dolore si riduce e quindi tutto sommato era proprio quella la causa, se non è molto intenso possono anche accettare di tenerlo.
Quindi di decidere di non seguire più quella terapia farmacologica, di non voler prendere farmaci in maniera continuativa. E di dire:

“Ok mi basta sapere che è quello, che è un qualche cosa che mi accompagnerà. Magari prima che ero spaventato da questo dolore, lo vedevo come tutto ciò che riuscivo a guardare davanti a me, come se fosse un quadro all’interno del quale esisteva solo questo dolore. Invece adesso riesco a ridurlo, a metterlo in un angolino di quel quadro e a vivere la mia vita serenamente.”

Quindi esistono più possibilità.

I Pazienti ovviamente sono molto diversi gli uni dagli altri, quindi non abbiamo delle soluzioni come spesso accade nel dolore, che valgano per tutti.

Però sì, c’è una gestione, ci sono dei farmaci, funzionano, sono Pazienti che possiamo aiutare, non li stiamo sentenziando.

Un consiglio "da Dentista a Dentista"

Andrea:

C’è un ultimo consiglio che daresti a un collega Dentista relativamente alla questione?

Anna:

Ascoltate i Pazienti.
Fidatevi quando si parla di dolore. Il dolore non lo vediamo nonostante quello che ci possa sembrare quell’attività odontoiatrica, ma il dolore non lo vediamo.

Quindi fidatevi dei Pazienti, ascoltateli e se qualche cosa non vi torna magari chiedete aiuto, ragionate su altre possibilità.

Possiamo essere più giovani, più grandi ma non abbiamo tutte le verità in tasca.

Andrea:

Beh, diciamo che credo che quando c’è la conoscenza di qualcosa si può valutare quello come alternativa. Se manca la consapevolezza di quell’elemento, risulta quasi impossibile.
Quindi io empatizzo completamente anche con quello che dice:

“No ma questo probabilmente è un pazzo perché qui il dente non c’è e non può avere male.”

Anna:

Anch’io lo capisco. Spero solo che col passare del tempo, diventi meno comune e quindi che ci sia più conoscenza.

Andrea:

Come con tutte le cose, io penso di sì, sai?
Perché quello che io vedo, quello che io osservo, con degli occhi che sono diversi rispetto a quelli di un Clinico – ovviamente perché non sono un Clinico – è che mi sto rendendo conto che in generale le Persone stanno andando verso una consapevolezza di Salute maggiore.

C’è più attenzione alle cose, mi fa piacere vedere Persone che ad esempio al supermercato prendono in mano la roba e cominciano a leggere le etichette. Fino a ieri l’altro, se ci pensi, veniva buttata dentro la roba così.

Credo che tutto quello che è successo nel periodo del Covid, abbia dato una grande accelerazione a questa sensibilizzazione delle Persone, tanto che tantissimi Dentisti mi hanno detto:

“Ma sai che mi richiamato gente che aveva un Piano di Cura fermo da un sacco di tempo e ha detto <<No, no, voglio prendermi cura di me, di questa cosa, voglio fare questa cosa>>.”

Quindi credo che arriverà anche perché all’interno della vostra comunità si scopre una cosa, poi comincia a girare all’inizio piano, poi c’è quell’effetto palla di neve e credo che tra un po’ anche un ignorante di denti come me, che sa dell’arto fantasma diventa consapevole anche del dente fantasma, perché poi delle cose si parla.

Anna:

Speriamo assolutamente di sì perché i nostri Pazienti se lo meritano, si meritano proprio che riusciamo ad avere queste conoscenze e quindi ad aiutarli meglio.

Grazie di aver avuto questa idea, grazie di avermi invitato spero sia proprio un’occasione per tante Persone.

 

Andrea:

Contribuiamo a diffondere il concetto del dente fantasma così più velocemente arriva a tutta quanta la comunità clinica.

Grazie mille per essere stata qua, per avere condiviso queste cose!

In conclusione

Grazie a Te che ci hai seguito fino qua.

Se non l’hai ancora fatto segui il podcast, così ogni volta che esce una puntata ricevi una notifica da parte mia ciao ci sentiamo o ci vediamo nel prossimo episodio. Ciao!

Fammi arrivare la tua Voce!

Il tuo feedback e i tuoi suggerimenti per ulteriori puntate sono molto preziosi.
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