I Collaboratori dello Studio Dentistico: come attirare e trattenere i più performanti
Ciao e Benvenuta o Benvenuto in questo nuovo episodio di Grassi Risultati in Odontoiatria.
Ti dico subito che in questo episodio c’è un Ospite: un Ospite vero in carne ed ossa, non c’è Geppetta di nuovo. C’è proprio una Persona reale che ho voluto chiamare proprio perché credo che ci possa dare un bellissimo contributo proprio per il punto di vista privilegiato che ha sulla situazione in questione.
E così dopo tanto tempo, c’è un Ospite in questo podcast perché quello di cui voglio parlare, è una questione fondamentale per tutta la filosofia dello stile di Studio Dentistico che viene proposta all’interno di questo podcast.
Vale a dire uno Studio Dentistico che lavora per il Titolare. In cui cioè non è il Titolare l’unico a dover sistematicamente tirare il carretto per sbarcare il lunario alla fine del mese. E soprattutto, uno Studio Dentistico che funziona anche senza la presenza costante e necessaria del Titolare.
Ovviamente per fare questo le poltrone devono lavorare indipendentemente da quanto fa il Titolare sulle poltrone stesse e di conseguenza serve un Team di Collaboratori.
E in questa puntata, voglio affrontare alcune questioni che riguardano il giusto approccio ai Collaboratori per fare in modo che tutto quanto funzioni in modo liscio. Che l’ambiente dello Studio sia rilassato. E che l’operatività sia semplice.
Tutto questo per fare in modo che sia più rapido, più veloce e anche più divertente centrare gli obiettivi di fine anno.
Ma prima di presentarti l’Ospite e di entrare in questi contenuti…
Quale formato scegli?
A questo punto puoi decidere se ascoltare questo argomento grazie alla puntata del podcast “Grassi Risultati in Odontoiatria”, guardare il video oppure se immergerti nella lettura delle mie parole. A Te la scelta!
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***
Le dinamiche che si instaurano nel Team dei Collaboratori
Andrea
Prima di tutto voglio presentarti l’Ospite.
È una Donna ed è una Donna speciale.
Credo che io e Lei lavoriamo insieme quasi da vent’anni, o meglio ci conosciamo da vent’anni. Abbiamo iniziato a lavorare insieme vent’anni fa, poi Lei ha avuto una parentesi di carriera in una Azienda farmaceutica e poi, come spesso succede, le strade si rincontrano.
Silvia Ferraris, questo è il suo nome, ha iniziato tanti anni fa a lavorare nell’Accademia per lo Sviluppo Imprenditoriale dello Studio Dentistico e oggi è una Dental Business Coach. E soprattutto, è la Dental Business Coach Mentor, cioè la persona che si occupa anche di tutta quanta la formazione del nostro gruppo di Dental Business Coach.
Ciao Silvia benvenuta.
Silvia
Ciao Andrea, ciao. Un’inesattezza, non era farmaceutica, era biomedicale.
Andrea
Scusami, scusami.
Silvia
Lo dico perché io sono un ingegnere biomedicale.
Andrea
Giusto, precisiamolo. Sei un ingegnere biomedicale che lavorava in un’Azienda biomedicale…perché è anche più bello che farmaceutica secondo me, è più bello, fa più figo.
Silvia
E sì, è da tanti anni che sono in Accademia, quest’anno per me sono stati dieci, ho iniziato nel 2013.
Andrea
Siamo nel quattordicesimo anno di Accademia essendo nata nel 2010 e questo per Te è il tuo undicesimo anno, quindi praticamente ci sei dall’inizio.
Ti ho chiesto di essere Ospite qui nella puntata del podcast, perché per il ruolo che hai con il Team dei Dental Business Coach e soprattutto con la quantità di Studi che vedete, sia nell’affiancamento nel percorso di implementazione del Sistema Operativo Profit Monday che con tutto il percorso di coaching successivo per la crescita degli studi stessi, ne vedete accadere di cotte e di crude all’interno degli Studi.
E per la tipologia di impostazione che diamo agli Studi, cioè quella di aumentare la saturazione delle poltrone facendo funzionare le poltrone senza che di fatto sia il Titolare a dover saltare come un matto da una poltrona all’altra, hai anche di riflesso, grazie alla condivisione con il gruppo dei Coach, una visione molto chiara su alcune dinamiche che riguardano proprio quello che accade con il Team dei Collaboratori.
Ho preparato una serie di domande, sulle quali mi vorrei concentrare per cercare di far uscire quelle cose che solitamente sono la causa di tutte quelle situazioni che i Titolari ci raccontano di attrito, di difficoltà e di paura nei confronti dei Collaboratori.
Per poi arrivare a definire una serie di best practice, quelle pratiche di eccellenza che invece si sa essere delle certezze nella capacità di produrre risultati.
Ok?
Vado con le domande: Tu se la sai mi rispondi, se non la sai ci ragioniamo insieme.
Partiamo dall’inizio della tematica dei Collaboratori che in un certo senso è ancora prima dell’averli in squadra…
Perché tantissimi Titolari lamentano la difficoltà nel reperire dei Collaboratori e ancora di più – ovviamente – dei Collaboratori validi?
Andrea
Dal tuo punto di vista qual è la causa di questo?
Silvia
Allora, secondo me la tua domanda si divide proprio in due.
Cioè trovare Collaboratori e trovare Collaboratori validi.
Quindi il primo pezzetto è legato al non trovano Collaboratori.
Nella realtà, quando poi si va a domandare ai Clienti: “Cosa hai fatto per trovare Collaboratori?”, alla fine si vede che magari hanno fatto poco o niente.
Cioè la ricerca e la selezione, si conclude nel: “É arrivato, mi hanno mandato un nominativo, ho visto quella persona…non ho visto nessun altro” e finisce lì.
Quindi in realtà, non vengono neanche ricercati i Collaboratori.
Si lavora molto sull’urgenza del <<mi serve>> ma non c’è una vera e propria selezione continuativa di questi
Andrea
Non c’è quindi un’attività sistematica ma è un pensiero del tipo: “Ho bisogno di un Collaboratore, chiedo al Fornitore di attrezzi.”
Silvia
Esatto.
Chiedo all’amico, oppure al mio amico Odontoiatra che lavora vicino a me se ha qualcuno da consigliarmi.
Però è fatta esclusivamente nel momento del bisogno e molto spesso questo non è sufficiente.
Quindi ciò che accade è che magari ho due Persone a cui fare il colloquio e quelle due Persone non mi piacciono o magari me le faccio andare bene perché sono le uniche due che sono arrivate.
Di conseguenza da lì si apre il non sono validi perché magari mi sono accontentato di quello che mi è arrivato.
Quindi il primo aspetto è veramente la mancanza di ricerca costante di queste Persone, di continuare costantemente ad avere persone sempre fresche da analizzare.
Io spesso dico:
“Anche se non ti servono, intanto conosci delle Persone che potrebbero un domani entrare in squadra. Tienile lì e chissà che man mano che cresce lo Studio, Tu possa andare poi a contattarle nel momento del bisogno.”
Anche perché, rispetto a un Dipendente, il Collaboratore ha diversi Studi. E magari ha la disponibilità nel darti un po’ di tempo (una giornata, due giornate, mezza giornata) per venire nel tuo Studio.
Quindi il primo consiglio che mi sento di dare è proprio quello di tenere sempre aperte delle selezioni per avere Collaboratori a cui andare ad attingere.
E ovviamente più il bacino è largo e più è facile che queste Persone siano allineate a quello che sto cercando, quindi che siano veramente delle Persone valide.
Andrea
Di fatto ha molto senso, mi risuona molto.
I Titolari partono con la ricerca quando il problema della mancanza del Collaboratore si sta manifestando con delle conseguenze molto forti.
Di conseguenza si parte con una ricerca che non è una vera ricerca massiccia ma si tratta solo di un paio di freccette lanciate. Con la conseguenza che le risposte sono scarse o nulle e poi a volte sei costretto a scegliere quello che c’è.
Prendiamo ad esempio la questione dell’Igiene Dentale, perché se lo Studio sta cercando un Igienista, questa tematica diventa ancora più importante.
Riguardo a questo mi hai fatto venire in mente una cosa che ricordo perfettamente.
Sto pensando al Dottor Valter Ferrato, Titolare di Studio Dentistico, che peraltro insieme a sua Moglie Emilia nonché Igienista dello Studio, è stato ospite del podcast.
Mi ricordo la situazione che ci raccontava del “Non trovo Igieniste, non trovo Igienisti…” e poi nel giro di un mese e mezzo…Boom! É esploso il numero di Igienisti all’interno dello Studio.
Visto che hai seguito la cosa personalmente, perché è un Cliente che segui personalmente, cosa hai visto succedere?
Perché secondo me c’è un’altra sfumatura interessante relativamente proprio alla ricerca dei Collaboratori.
Superare la paura di perdere i Collaboratori: come rendersi appetibile per il Mercato del lavoro
Silvia
Per me Lui è l’esempio del <<Prima parti da Te>>.
Inizia quindi dalle tue credenze e poi riesci veramente a svoltare.
Lui aveva una grossa paura.
Lui aveva la sua Igienista storica – che è sua moglie Emilia – e poi aveva un’altra Igienista, della quale non era particolarmente soddisfatto.
Ma aveva paura di perderla e quindi diceva “E se poi non trovo nessuno?”. E quindi se la faceva andare bene, perché era l’unica che all’epoca aveva trovato.
C’è stato un momento, che è coinciso con l’inizio del suo Quantum Leap – il nostro percorso più avanzato per i Titolari di Studio che sono a un livello superiore – in cui ha proprio cambiato focus e ha smesso di avere paura di perdere le Persone.
E ha iniziato, come diciamo noi, a rendersi appetibile.
Ha cambiato prospettiva da cui guardare la situazione realizzando:
“Sono bravo, ho uno Studio bello – perché poi tra l’altro Valter è riconosciuto essere un bravissimo Odontoiatra e ha uno Studio veramente molto bello – mi metto nella condizione di dire <<Sono io che cerco Voi e quindi Voi dovete essere onorati di venire a lavorare all’interno del nostro Studio.>>”
Quindi ha proprio cambiato un po’ focus, dicendo:
“Adesso mi organizzo per fare una selezione massiccia, per fare in modo che arrivino quante più Persone possibile. Le metto anche in competizione tra di Loro.”
Perché ovviamente Lui faceva proprio fare dei test all’interno della quotidianità di Studio, li analizzava proprio durante la loro prestazione mettendoli in concorrenza tra di Loro.
E alla fine, probabilmente anche semplicemente con il classico passaparola del “Guarda che lì funziona tutto bene, sono bravi, vai, manda il tuo curriculum”, adesso sono quattro Igienisti e quella che non gli piaceva, l’ha mandata via.
Quindi, oltre ad Emilia, sono arrivati altri tre Igienisti.
Lui ha le giornate ovviamente sempre piene di igiene, alcuni momenti della settimana, il sabato per esempio, addirittura ha due poltrone che lavorano contemporaneamente.
Quindi ha fatto proprio uno switch.
Un cambiamento che è stato principalmente nella sua testa: è passato da non avere più paura di non trovare nessuno a dire: “Adesso ti faccio vedere io che li trovo e li trovo anche performanti”.
Lui si è creato un meccanismo di ricerca funzionante e continua costantemente ad avere selezioni attive per Igienisti. Mi dice di essere costantemente alla ricerca.
Ti faccio un esempio che è capitato pochissimo tempo fa.
Valter mi ha mandato un messaggio dicendo:
“A proposito delle Persone non allineate, avevamo trovato un’Igienista che si è spaventata da quanto fossimo strutturati. E di conseguenza si è autoeliminata prima ancora di venire in Studio…però ho altre persone da contattare”.
Il ruolo chiave dell’ambiente di Lavoro per attrarre i “giusti” Collaboratori
Andrea
Sì, anche perché un ambiente tende ad espellere naturalmente un individuo non allineato. E questa cosa accade nel bene e nel male. Quindi se c’è un forte stile ben radicato nell’operatività dello Studio, una persona non allineata tende a scomparire.
Hai fatto un passaggio che reputo fondamentale nella questione.
Tante volte non ci si pensa ma l’appeal dello Studio, l’organizzazione dello Studio, quello che il Collaboratore percepisce durante la chiacchierata con il Titolare dello Studio nel quale potrebbe andare a lavorare, ha un enorme impatto.
Faccio un esempio fuori contesto per cercare di spiegare quello che vorrei trasmettere, in maniera facile.
Un giovane d’oggi, credo che abbia l’aspirazione di andare a lavorare in Google, in Open AI, in Apple, non di andare a lavorare nell’aziendina dietro casa.
Perché questo?
Perché il Brand che quelle Aziende si portano dietro, fa figo. Nel senso che fa figo dire “lavoro qui”.
E lo stesso discorso vale anche per il Collaboratore: più c’è percezione di un Brand, di un’organizzazione, di un bello Studio e di un bell’ambiente, più tutto questo funge da attrazione. Anche nel passaparola.
Il compenso del Collaboratore oltre il denaro
Silvia
Rispetto a questa cosa, c’è un altro aspetto che sentivo e poi mi è stato confermato durante un corso che ho fatto ultimamente sulla Leadership, dove si parlava anche della ricerca e selezione all’interno delle Aziende in generale.
Oggi i Candidati mettono al quarto posto l’aspetto remunerativo.
Prima ci sono la formazione, il fatto di stare in un ambiente di un certo tipo, sia per quello che riguarda quello che io vivo, ma anche proprio per quello che riguarda l’appeal dell’Azienda.
Quindi quando si dice che “i Collaboratori vogliono solo guadagnare”, in realtà non è vero. Quello è un aspetto veramente che ormai è diventato addirittura, non secondario, ma addirittura al quarto posto. Prima ci sono altre cose.
Andrea
Ecco qua aggiungo una riflessione.
Io credo che ci siano dei Collaboratori che sono solo interessati al denaro.
Tante volte durante il percorso di implementazione del Sistema Operativo, sento dei Titolari riferirsi ai Collaboratori con il termine <<mercenario>>.
Il punto è, che il denaro dal quarto posto diventa la cosa più importante quando mancano le altre tre.
Perché è chiaro che se le altre tre non ci sono, l’unica cosa alla quale una Persona è interessata è il “quanto mi paghi”.
Silvia
Quello che dico spesso ai Titolari è che non è colpa del Collaboratore: è colpa del fatto che quell’Azienda, quello Studio, non è in grado di creare le altre cose.
Quindi ok che comprensibilmente si cerca la causa all’esterno ma in realtà nella maggior parte dei casi la causa è interna.
Perciò, considerando che io sul Collaboratore non posso fare azioni, non posso cambiare la sua mentalità, posso cambiare quello che faccio io all’interno del mio Studio per far sì di far svoltare quella Persona verso un qualcosa di più in linea con quello che voglio io all’interno dello Studio.
E quindi creare quell’atmosfera, quell’ambiente e anche banalmente quelle regole.
Tant’è che la mancanza di regole, a volte crea difficoltà in questi Collaboratori perché dicono:
“Cosa faccio? Faccio quello che so fare, mi fermo lì perché non so dove altro andare a parare”.
E quindi c’è da lavorare prima di tutto, a partire dal Titolare sullo Studio, sul creare un ambiente, una struttura che faccia sì che le Persone non siano attratte solo dal denaro ma siano attratte da tanto altro.
L’importanza dei Protocolli anche extra-clinici per uniformare le prestazioni
Andrea
Mi hai fatto venire in mente una roba di cui tantissimi Studi non si rendono conto. Ma poi quando Voi siete all’interno dello Studio per implementare i vari protocolli questa cosa si manifesta in maniera esagerata.
Hai parlato di regole?
Ci sono degli Studi che si trovano ad operare in n-modi diversi, dove “n” è il numero dei Collaboratori. Perché ogni Collaboratore ha la sua modalità operativa e quindi chiede all’Assistente di applicare determinate procedure che sono diversissime dall’altro Collaboratore, che magari fa in un’altra giornata la stessa tipologia di prestazione.
E quindi lo Studio si trova in mezzo a questo piccolo delirio organizzativo.
Quanto è dannoso per l’efficienza dello studio questo e quale dovrebbe essere l’approccio corretto dal tuo punto di vista?
Silvia
É dannoso su vari livelli.
É dannoso principalmente per le ASO, perché povere creature, loro si trovano veramente spesso in difficoltà rispetto a quello che hai appena detto. Perché non sanno come lavorare con i vari Collaboratori. Quindi loro devono essere in grado di cambiare costantemente il loro approccio, a seconda di cosa chiede il Collaboratore.
Andrea
Quindi questo crea meno automatismi, meno velocità operativa.
Silvia
Le rende molto più lente e più insicure, anche se ci sono dei protocolli.
Faccio un esempio banalissimo: il protocollo di caricamento del servo mobile.
Se è stato definito che deve essere caricato così e il Collaboratore chiede cose che non ci sono nel servo mobile, anche solo alzarsi e andare a prenderlo (con il Collaboratore che poi magari si arrabbia perché rimane solo), sono tutti tempi operativi che noi sappiamo bene quanto incidono sul margine di una prestazione.
E somma “questo”, somma “quest’altro”, tutto ciò va a discapito dell’efficienza dello Studio e anche del margine dello Studio.
Oppure, faccio un altro esempio, che a me fa sempre molto sorridere: perché i Collaboratori non inseriscono nel gestionale l’eseguito clinico alle prestazioni?
Perché?
Nella maggior parte dei casi perché non glielo si dice. Sembra una cosa banale ma sai quanto tempo impiegano le Segretarie una volta che il Paziente esce a dover prendere, alzarsi, andare al riunito e chiedere “Scusa cosa hai fatto? Mi metti per favore l’eseguito clinico?”.
Sono tutti tempi che impattano, oltre al fatto che si rischia di perdere delle informazioni e non si fa certamente una bella figura col Paziente.
Stessa cosa vale per il diario clinico, perché non viene scritto?
Poi ci sono i Collaboratori, diciamo “giovani”, quelli dell’ultima generazione, che scrivono qualunque cosa. Magari impiegano ore a scrivere le cose (poi a volte le vai a cercare e non sai dove sono).
Per contro, ci sono quelli diciamo un po’ più “âgées”, che non scrivono niente.
Spesso quindi c’è la mancanza dei protocolli di questo genere, che sono di un ambito clinico ma che sfociano poi anche nell’ambito extra-clinico.
Andrea
C’è una cosa che mi si concretizza nella testa in una maniera molto semplice e cioè l’intreccio di due problematiche.
La prima, è che lo Studio probabilmente non ha dei protocolli operativi, delle procedure operative, dei processi ben definiti e di conseguenza è il Collaboratore che in una tavolozza bianca decide di lavorare come è più comodo. E non è detto che il modo in cui Lui è comodo sia la maniera più efficiente.
Quindi problema numero uno, lo Studio magari non ha delle procedure, dei protocolli, dei processi ben definiti.
Problema numero due, quando ce li ha io spesso vedo, sento, percepisco il Titolare o lo Studio in generale considerare il Collaboratore una sorta di satellite che gira attorno al nucleo e non fa esattamente parte del nucleo.
Nel nucleo c’è il Titolare, ci sono le Segretarie, ci sono le ASO e poi ci sono questi Collaboratori che sono degli “Ospiti evoluti” all’interno di questa galassia. E di fatto manca la condivisione con loro o l’allineamento a quelle che sono le procedure operative.
Perché l’errore più grande, è che ogni poltrona non dovrebbe lavorare secondo quello che dice il Collaboratore, ma dovrebbe lavorare secondo gli standard dello Studio, i processi e le procedure dello studio stesso.
Questo permette di sviluppare efficienza e di mantenere gli standard.
Poi c’è Chi potrebbe dire: “Eh ma io ho preso lui, è Lui l’esperto di quella materia.”
Certo, infatti c’è la parte clinica che ha un pezzo della questione. Ma tutto quello che viene prima e tutto quello che viene dopo, sono componenti se vogliamo extra-cliniche organizzative che hanno un impatto.
Spesso sentiamo dire che i Collaboratori non sono proprio parte del gruppo ma a volte non vengono approcciati mentalmente come se fossero parte di quel nucleo operativo stesso. Ma piuttosto come se fossero uno strato esterno che non deve essere allineato nello stesso modo.
Silvia
Che poi, è quello che se vuoi non li fa sentire parte del Gruppo e li porta a cercare più Collaborazioni. Il concetto del <<mercenario>> nasce anche da questo e cioè “Sono sempre in giro, vado potenzialmente da quello che mi offre di più perché in realtà non mi sento parte di un gruppo da nessuna parte.”
Andrea
Ovviamente io credo che mettendoci nei panni di un Collaboratore avere più Studi, sia anche un modo permettere al sicuro la propria vita.
Perché di fatto il mestiere del Collaboratore, è un mestiere da un certo punto di vista totalmente subordinato dalla capacità degli Studi per i quali questo Collaboratore lavora.
Che sia un Collaboratore Odontoiatrico, un Igienista Dentale (quando uso il termine “Collaboratore” parlo di qualsiasi figura), di fatto la capacità di performare è subordinata da quanto gli Studi nei quali collabora sono capaci di riempire la poltrona.
Però ti chiedo questo, perché secondo me è un dato interessante da condividere con i Titolari perché molti pensano che sia una chimera.
In questi 10 anni, quante volte hai visto Collaboratori con più collaborazioni arrivare a diventare degli esclusivisti per uno Studio?
Silvia
Capita e anche capita molto spesso.
Ho in mente alcuni Studi dove ci sono diversi Collaboratori esclusivisti.
E ho in mente tantissimi Studi dove magari non sono 5 giorni su 5 ma arrivano ad avere 3-4 giorni, il Collaboratore nello Studio.
Andrea
Quali sono i fattori comuni a tutti quegli Studi in cui vedi accadere una situazione di questo tipo? Cioè Collaboratori che mollano le collaborazioni per dedicarsi in un unico posto, cioè c’è un denominatore comune?
Silvia
Sì, sentirsi parte del Team e quindi il fatto che i loro Titolari sono stati in grado di farli veramente amalgamare nel Team con attività. Dalla riunione ai momenti di condivisione insieme ma anche banalmente i due momenti all’anno di giugno e di dicembre quando si fa la riunione di fine anno insieme.
Andrea
Ne ho parlato all’interno del podcast, all’inizio di quest’anno della riunione di fine anno.
Silvia
Esatto.
In quel momento il Collaboratore si sente parte di un qualcosa di più grande.
Diciamo che il leitmotiv è che hanno trovato all’interno di questi Studi una visione molto chiara.
Vale a dire che il Titolare è stato in grado di mostrare una strada ben tracciata per arrivare ad un obiettivo. Hanno job description chiare, hanno regole molto chiare, Valori molto chiari e costantemente si incontrano.
Il fatto di sapere che ogni tanto tempo “io vedo il mio Titolare” o perché analizziamo insieme dei casi o perché dobbiamo fare delle attività col Team o perché magari appunto mi porti a fare un’attività di team building in particolare, quindi siamo tutti insieme.
La cosa è questa: il fatto di essere riusciti a trasmettere quella che è la vera essenza dello Studio.
Andrea
Mentre ti ascoltavo stavo sorridendo perché mi rendo conto che Tu vivi come tutti quanti coach un contesto di Studi che ovviamente ha iniziato un percorso di trasformazione.
Dopo che gli Studi iniziano il percorso di trasformazione, li prendete e li accompagnate nell’implementazione quotidiana di tutti quanti i protocolli che nel percorso di formazione diamo loro.
E Tu hai una visione molto normale di quella che per Te è e che dovrebbe essere, la corretta gestione dello Studio.
Ma sorridevo perché mi stavo immedesimando in alcune Persone che stanno seguendo questa nostra chiacchierata e pensano:
“Silvia ma io li invito alle riunioni e questi non vengono!”
Il punto è che molti Titolari hanno in testa il “No, loro non vogliono fare squadra”.
Faccio questo passaggio perché Tu prima hai fatto un passaggio, che non vorrei che passasse via non sottolineato nel modo giusto e cioè…
É responsabilità del Titolare creare il Team
Non è l’insieme di persone che ha attorno che automaticamente, diventa ad un certo punto un Team in maniera naturale.
No, nessun Team sta insieme se la Leadership di quel Team non fa team building, non incentiva il teamwork.
E questo passa tantissimo dalla comunicazione, dall’allineamento, dal dare delle regole, dal chiedere e fino ad arrivare a vivere magari delle esperienze fuori dallo Studio.
Ma prima di quello, vivere correttamente l’esperienza all’interno dello Studio.
Per le tematiche di tipo relazionale, gli incontri periodici di feedback e le riunioni di team sono due pezzi fondamentali.
Nel momento in cui non si fa nulla per “fare spogliatoio” e non si fa nulla per confrontarsi con il Collaboratore, dal mio punto di vista è abbastanza normale che quel Collaboratore arrivi a fare il compitino.
“Vengo qua, faccio bene il mio.”
Ma solitamente il “faccio bene il mio” – che è la prestazione – è un qualcosa che non soddisfa mai completamente il Titolare o comunque, per la mancanza di quell’organizzazione di cui parlavamo prima, crea quelle tensioni operative, quegli attriti operativi, quelle chiacchiere alla macchinetta del caffè che diventa un po’ il punto nevralgico di tutti gli sfoghi all’interno dello Studio che non fanno funzionare le cose in modo corretto.
E passando di qua ti faccio un’altra domanda su un’altra questione cruciale che io vedo totalmente sottovalutata – e tante volte completamente bypassata – dai Titolari di Studio.
Dal tuo punto di vista qual è la miglior fase di onboarding che si può fare con un Collaboratore?
Per onboarding, scusami Tu che stai leggendo, ho usato un termine tecnico.
Nel momento in cui ho fatto il colloquio con il Collaboratore, ho definito le regole macroscopiche del gioco, la Persona arriva e di fatto inizia a lavorare con me.
Quella fase quanto è cruciale per la corretta impostazione di tutto il resto e cosa dovrebbe essere fatto lì idealmente dal tuo punto di vista come best practice?
L’allineamento al Manifesto dello Studio Dentistico
Silvia
Allora, secondo me parte ancora prima.
L’onboarding parte ancora prima rispetto a quando il Collaboratore effettivamente entra in Studio, nel senso che già nella selezione io sto facendo onboarding.
Perché nel momento in cui abbiamo fatto arrivare delle Persone a queste famose selezioni di cui parlavamo prima, che devono essere continuative, a queste persone dobbiamo fare delle domande per capire se sono allineate.
Allineate a cosa? Al nostro modo di vedere la clinica da un lato e ai Valori dello Studio dall’altro.
In questa fase dobbiamo presentare loro quello che all’interno del Sistema Operativo del Profit Monday chiamiamo “manifesto”.
Il manifesto è una sorta di manuale in cui vengono definite tutte le regole e tutti i modi di comportamento dello Studio e di conseguenza è fondamentale.
Andrea
Esattamente: Mission, vision, quindi qual è lo scopo superiore dello Studio? Qual è la Visione a 3-5 anni? Contiene i Valori dello Studio e il codice di condotta, cioè le regole comportamentali all’interno dello Studio. E ciò perché una persona che entra, deve sapere.
Silvia
Questo è quello che fa dire al Collaboratore, quello che dicevamo prima parlando di Valter:
“No, non fai per me. Mamma mia quanta roba, no non fai per me.”
Oppure:
“Wow, questa è una cosa che non ho sentito da nessuna parte, sono molto contento di iniziare a lavorare con voi!”
C’è poi un altro passaggio importante sempre all’interno del manifesto che ho accennato prima.
Ed è tutta la parte legata proprio alle Risorse: come sono distribuite le Risorse, qual è l’organigramma dello Studio, quali sono le job di ogni Risorsa, Chi sono i responsabili delle singole attività e di conseguenza anche qual è la job del Collaboratore.
Perché il Collaboratore ha delle responsabilità all’interno della sua job, esattamente come tutti gli altri membri del team.
Idem dicasi per i protocolli: ti faccio vedere che ho dei protocolli definiti e scritti ai quali ti devi attenere.
E quindi – io che poi sono “la Signora dei protocolli” come mi chiamano i miei Clienti e gli altri Coach – nel momento in cui ci sono dei protocolli chiari e definiti, da lì non si può uscire.
Per cui, la prima cosa fondamentale dell’onboarding è presentare il Manifesto, con i nostri valori, le nostre regole, le job e i nostri protocolli.
E il Collaboratore parte da lì a lavorare.
Questa filosofia, ricalca il tuo principio del “meglio arrossire prima, piuttosto che sbiancare poi” cioè ti dico esattamente quello che mi aspetto da Te, così non mi potrai mai dire, “io non lo sapevo”.
Il piano di crescita
Altra cosa importante per l’onboarding, o comunque per far sì che il Collaboratore veda un futuro all’interno dello Studio, è il concetto del piano di crescita, perché molto spesso le Persone sono attratte anche dal “non vengo lì e faccio il compitino e basta, voglio crescere all’interno del tuo Studio”.
Andrea
La crescita è uno dei bisogni umani.
Silvia
Esattamente.
Il fatto che un Collaboratore veda che è già stato definito un piano di crescita (che magari definiamo insieme perché ovviamente poi dipende dalla tipologia di prestazioni che il Collaboratore è in grado di fare o dalla tipologia di formazione che ha), lo tiene motivato nel tempo.
Pertanto, un altro passo fondamentale, è definire un piano di crescita, un sistema di valutazione rispetto a quel piano di crescita e dei momenti di confronto costanti per valutare dove si è rispetto al piano di crescita che è stato creato.
Andrea
Tante volte i Titolari lasciano un pochino abbandonato il Collaboratore come se fosse già “fatto e finito”. Magari lo è da un punto di vista clinico – non lo so dipende dall’esperienza di quel collaboratore – ma poi ci sono mille altre sfaccettature come le relazioni umane con i Pazienti e con gli altri membri del Team.
Però tantissime volte manca anche questo.
Cioè non c’è solo un po’ di carenza nella fase iniziale di onboarding, nella quale inizi a mettere in pratica quei protocolli senza magari essere affiancato ad esempio dall’ASO più esperta la prima settimana per farti capire come funzionano le cose e come devi comportarti.
Oltre a questa grossa fase di abbandono o di “organizzati un po’ come vuoi” che poi alimenta quel comportamento sganciato del Team, manca anche tanto questa parte di feedback costante.
Tante volte sento i Titolari che si lamentano perché devono sistemare dei casini fatti dai Collaboratori.
Però poi nel Collaboratore non c’è la consapevolezza dell’aver fatto un casino e del perché si è fatto un casino.
E poi il Titolare si sorprende che la volta dopo si genera una problematica analoga…!
È perché di fatto, manca il feedback cioè manca segnale di ritorno.
Silvia
La domanda più banale rispetto a questa cosa è: “Ma gliel’hai detto?”
E la risposta che ottieni è quasi sempre “Eh ma no, certo che no!”
La domanda all’apparenza è banale eppure effettivamente è raro che ci sia quel ritorno: si è già evoluti quando c’è quel ritorno.
Un’altra cosa che io sento spessissimo dire dai Titolari è: “Non ho tempo di vedere insieme al Collaboratore i casi, di studiare insieme i casi.”
Il fatto è che quel tempo va trovato.
Come dici spesso Tu Andre, “se non è pianificato non esiste.”
Io faccio di questo uno dei miei focus, proprio perché se non hai il tempo, lo devi pianificare in agenda insieme al Collaboratore.
Può essere la mezz’ora prima di quando iniziate le prestazioni, piuttosto che la pausa pranzo, piuttosto che la sera in Zoom: Tu e il Collaboratore a parlare del caso, se è organizzato in agenda si può fare.
Questo aumenta, quello di cui parlavamo prima, cioè il senso di Squadra, il fatto di sentirsi parte di un Team, proprio perché stai portando quel Collaboratore verso la crescita. E ciò vale anche su quelli molto esperti.
Andrea
Con quelli esperti, tutto questo è addirittura a livelli esponenziali.
Capisco che per qualcuno magari c’è anche un po’ il timore reverenziale dell’andare a dare feedback.
Io ad ogni modo non credo che la vera questione sia che manca il tempo: manca il focus.
Manca il focus perché magari il Titolare è ancora tanto in quella mentalità del Dentista Professionista che riempie il suo tempo alla poltrona e non ha ancora fatto quello switch mentale di dedicare parte del proprio tempo a lavorare nello Studio e un’altra parte a lavorare sullo Studio.
Per lavorare sullo Studio, c’è da stare sulle Persone e il feedback è l’elemento principale per poter far crescere e per poter allineare le Persone.
Perché c’è continuamente bisogno di stare sulle Persone e dare dei feedback, dare cioè dei segnali di ritorno per fare in modo che le procedure diventino delle abitudini.
E poi quando sono delle abitudini lì si che poi le Persone vanno col pilota automatico, ma devono arrivare ad essere delle abitudini.
Ecco perché in uno Studio ben organizzato che è capace di saturare bene le poltrone e di conseguenza di fare lavorare bene i Collaboratori, il Collaboratore ha più voglia di lavorare.
Perché è un essere umano e se lavora bene e in maniera più semplice, non va alla ricerca di altri Studi in cui lavorare.
Quello che tantissime volte i Titolari fanno fatica a capire è quella solita storia che “il pesce puzza dalla testa”.
Perché il Titolare a volte dice:
“Ah, ho preso un Collaboratore, era una testa di… l’ho mandato via, ne ho preso un altro, era un’altra testa di… ne ho preso un altro ancora, era un’altra testa di… “
Allora dico: fermati un secondo perché forse non erano loro.
La “testa di” è dall’altra parte.
Ed in realtà, nessuno è una “testa di…”, ci sono questi errori di fondo che impediscono di creare un rapporto virtuoso all’inizio che lascia spazio a tutta una serie di dinamiche che innescano dei comportamenti viziosi che poi devono essere sistemati.
E in alcuni casi diventano irrisolvibili, cioè irrisolvibili a meno di mosse veramente forti.
Io non le conto nemmeno più le volte in cui ho sentito i Titolari dire:
“Ah ma i miei collaboratori alle riunioni di semestre o di fine anno non vengono.”
Fermo restando che c’è sempre un po’ di lavoro da fare per modificare dei comportamenti che ormai sono radicati in una maniera diversa, se non si mette in chiaro le cose dall’inizio che fanno parte del lavoro per cui è pagato il Collaboratore – che non è semplicemente stare alla poltrona, ma occuparsi di tutto quello che ci sta attorno, perché quello fa parte del compenso e va chiarito molto bene – in quelle riunioni non ci saranno mai.
Perché i titolari che invece chiariscono le regole del gioco, hanno i team che funzionano.
A me dispiace quando c’è il Titolare che si mette in quella posizione di impotenza che dice
“Io non posso avere lo Studio che performa come dovrebbe perché non ho le persone giuste, mentre quello studio là performa benissimo perché Lui invece ha le persone giuste.”
Sì, ci sono delle Persone che non vanno bene in tutti gli ambienti.
Ma tantissime volte si tratta di creare le condizioni giuste per far tirare fuori il meglio da quelle Persone, mentre nella maggior parte dei casi, l’approccio che la maggior parte dei Titolari adotta è un approccio che poi in realtà fa tirare fuori un po’ il peggio dalle Persone.
E di conseguenza poi si trovano a lamentarsi il fatto che gestire i Collaboratori è sempre una fatica.
3 Consigli per la gestione dei Collaboratori
E senti un po’, per concludere, da parte tua quali sono i tre consigli più grandi che vuoi dare a un Titolare relativamente alla gestione dei Collaboratori?
Silvia
Allora, la selezione costante perché comunque parte da lì. Nel senso che per avere Collaboratori in Studio, devo partire dalla selezione.
Quindi essere costantemente alla ricerca di Persone in gamba, valide, che siano allineate. Per cui nella selezione, per quanto abbiamo visto prima, fare in modo che siano allineate ai propri standard.
La seconda cosa è legata a quello che noi definiamo il “Manifesto”, quindi alla creazione di questo manifesto che indichi realmente Chi è lo studio, Chi sei Tu e che cosa vuoi.
Si tratta di una vera e propria guida per queste Persone.
Mi rendo conto che qualcuno possa pensare che ci vuole del tempo per farlo ma è probabilmente il tempo meglio investito che un titolare può fare.
Andrea
Non solo! Non farlo probabilmente permette tantissimo al Titolare di farsi chiarezza, di rispondersi a delle domande che non si è mai fatto e che in realtà potrebbero fargli scoprire degli elementi che lo possono far andare molto più velocemente perché mette molto più a fuoco la direzione.
Silvia
Io dico spesso: fai l’elenco di tutto ciò che sei bravo a fare, tutto ciò che non sei disposto a fare, o comunque certamente le cose che vuoi, le cose che assolutamente non vuoi.
Questo identifica quelli che sono i tuoi Valori, perché noi ci troviamo bene nei posti in cui si è allineati con i Valori.
Dedica del tempo a fare questo manifesto, nella sua totalità, con il tempo che ti serve, anche proprio arrivando fino a creare le job description e creare i protocolli, definendo la cadenza delle riunioni.
Il Sistema Operativo Profit Monday parte proprio dalle riunioni del “Profit Monday”: capisco che non si possa fare ogni lunedì mattina con tutti i Collaboratori.
Tra l’altro non è neanche nella nostra modalità.
Però quelle famose riunioni del lunedì mattina con le Risorse Umane, che saranno quindi una al mese, in alcuni momenti dell’anno è fondamentale farle con i Collaboratori.
È importante quindi organizzare già a monte l’agenda dei Collaboratori anche andando a identificare questi momenti, perché fa sì che loro capiscano che quella tipologia di organizzazione per lo studio è fondamentale e di conseguenza il dire “No, non ci sono”, al Titolare dà una risposta.
Se non ci sei, probabilmente ho sbagliato la selezione perché questo fa parte del mio Sistema, fa parte del mio Manifesto e quindi magari non eravamo così allineati precedentemente.
Andrea
Provo a dire anche io le mie.
Anche per me il Manifesto, perché io credo assolutamente che per avere delle Persone allineate, quelle Persone devono avere chiaro a che cosa si devono allineare.
Devono essere chiarite le aspettative reciproche e moltissimi dei contrasti che ci sono all’interno dello Studio, sono causati dal fatto che non ci sono aspettative reciproche chiare e ben definite.
O meglio, nella realtà ci sono nella testa di qualcuno ma non vengono condivise.
E spesso ci si aspetta che ci sia lettura del pensiero, no?
Io Titolare ho queste cose molto chiare in testa, mi aspetto che Tu, Collaboratore, leggendomi nel pensiero, le capisca e ti allinei automaticamente.
Peccato che le cose non funzionino così.
La seconda cosa probabilmente è collegata a quello che dicevi del mio mantra “meglio arrossire invece di sbiancare” che lo declino nell’“uccidi il mostro finché è piccolo”.
Mi spiego meglio.
In ogni dinamica di Team si creano dei comportamenti disallineati che danno fastidio, hanno un impatto che va dal semplice mal di pancia a una problematica organizzativa.
E quello che io vedo spessissimo, è che in molti contesti si “gioca di sponda”.
Cioè, io ho qualcosa da dire a Silvia, ma non lo dico a Silvia, ne parlo con Giovanna.
Giovanna ha qualcosa che riguarda me da dovermi dire o qualcosa che io faccio che le dà fastidio o che crea un caos organizzativo ma non ne parla con me, ne parla con Silvia.
É un po’ come un’erbaccia: un comportamento, una modalità non allineata spunta come un’erbaccia in giardino. Se Tu vai ad estirparla quando è piccolina, è molto semplice toglierla.
Però se Tu la lasci lì, piove e c’è il sole, piove e c’è il sole, la quotidianità dello Studio la nutre e la fa crescere. E poi, andarla a strappare a volte diventa particolarmente complesso e per strapparla ti porti via magari l’erba buona che c’è attorno.
Quindi la seconda questione è approcciare il comportamento non allineato dei Collaboratori in maniera tempestiva dei Collaboratori (di ogni membro del Team in generale).
Vai sul comportamento, non ti fare il rifacimento Tu perché credo che sia una questione estremamente diseducativa e qui mi collego al terzo passaggio.
La responsabilità del risultato dello Studio è del Titolare.
Capisco che il Titolare si mette a fare il rifacimento gratuitamente ma per me è una questione di responsabilità.
E cioè: io ti voglio educare al fatto che se commetti un errore, è giusto che lo sistemi, perché io ti sto pagando per il risultato, non per l’errore.
Sbagliare ci sta, non è che ti taglio la testa se commetti un errore.
Ma quello che mi aspetto, è che intervieni e che sistemi la cosa.
Intervenire per sistemare la questione credo che diseduchi la persona, diseduca il team, perché di fatto educa alla mancanza di responsabilità.
Cioè non ci sono conseguenze: se io faccio qualcosa di sbagliato, qualcun altro raccoglie i cocci e compra il vaso nuovo, ma poi questo non aiuta a costruire quella leadership che poi serve per guidare quel Team e per fare gettare un po’ il cuore oltre all’ostacolo.
In conclusione
Se non l’hai ancora fatto, lascia una recensione al podcast, perché mi fa piacere capire che cosa pensano gli ascoltatori del podcast e poi aiuta l’algoritmo a fare arrivare questi episodi anche ad altri Dentisti.
Credo che la tematica della gestione dei Collaboratori sia una questione cruciale nell’odontoiatria moderna, perché ne abbiamo parlato tante volte in questo podcast: la produzione del Titolare da sola non è sufficiente ad allontanare lo Studio dal punto di pareggio, farlo uscire dalla zona pericolo e soprattutto farlo entrare nella zona ricchezza abbondanza, dove c’è ricchezza di tempo e c’è ricchezza anche in termini di sicurezza economica e finanziaria.
Se senti il bisogno di accelerare la crescita dello studio ricordati che in calce all’articolo sul blog su questa puntata trovi le informazioni sul Sistema Operativo del Profit Monday.
Grazie Silvia e noi ci vediamo al prossimo episodio. Ciao!
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