Come creare uno Studio Antifragile che prospera nelle difficoltà – Parte 2

Come creare uno Sudio Antifragile che prospera nelle difficoltà - Parte 2

Ci sono Studi Dentistici che vanno letteralmente in tilt al primo scossone, che sia uno scossone interno o che sia uno scossone esterno proveniente dal mercato.

Altri che, invece, hanno sempre, costantemente e sistematicamente la capacità di rialzarsi e ripartire, nonostante quello che succede.

E poi ci sono quelli che, mentre il mondo attorno a loro va nel caos, diventano più forti.

E la differenza di cui stiamo parlando è quella che c’è tra l’essere fragile e l’essere antifragile.

Questa è la seconda parte della puntata, nella quale affrontiamo i tre archetipi di altrettanti stadi di evoluzione di uno Studio Dentistico.

Damocle, Idra o Fenice?

Il primo è lo Studio Damocle.
È lo Studio fragile per eccellenza.
Ha successo, un’agenda piena, un Team che lavora, Pazienti che arrivano…
ma, come Damocle — il famoso Damocle seduto di fronte al suo ricco banchetto — il Titolare di quello Studio ha una spada legata sopra la testa e sostenuta da un semplice crine di cavallo.

Un filo sottile che regge tutto e che, al minimo scossone, si spezza: la spada arriva giù.
Un cambio normativo, un Collaboratore che se ne va, un nuovo Competitor che arriva, un calo di Prime Visite… e tutto il castello crolla.

Poi ci sono gli Studi Fenice: sono quelli resilienti.
Quando arriva la crisi, loro si piegano ma non si spezzano.
Risorgono sempre dalle loro ceneri, come la Fenice.
E ogni volta che gli capita qualcosa, si rialzano e sanno tornare come prima.

Solo che tornare come prima, oggi, non basta più.
Perché la resilienza permette di sopravvivere, ma quello che serve nel mercato di oggi è saper crescere.

L’obiettivo non è tanto sapersi rialzare.
L’obiettivo deve essere quello di diventare più forti a ogni colpo.

E qui arriviamo al terzo archetipo: quello degli Studi Idra,
quelli davvero Antifragili.
Quelli che, quando vengono colpiti, non si limitano a resistere, ma diventano più forti.
Adattano i loro sistemi, migliorano i processi, evolvono la strategia.

Ogni volta che perdono una testa, gliene ricrescono due.
Ogni errore che fanno diventa un’occasione per crescere.
Ogni crisi che vivono diventa un acceleratore di risultati

E allora, in questo episodio, continuiamo l’intervista a Silvia Ferraris, la responsabile del gruppo dei Dental Business Coach della nostra Accademia, perché voglio che sia lei a continuare a spiegarti cosa serve per diventare, oggi, uno Studio Idra — cioè saper essere Antifragile.

Se ti sei perso la prima parte, leggi l’articolo “Come creare uno Studio Antifragile che prospera nelle difficoltà”.

Quale formato scegli?

A questo punto puoi decidere se ascoltare questo argomento grazie alla puntata del podcast “Grassi Risultati in Odontoiatria”, guardare il video oppure se immergerti nella lettura delle mie parole. A Te la scelta!

Qui sotto puoi ascoltare il podcast.

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Oppure continua a leggere.

***

Intervista a Silvia Ferraris: come creare uno Sudio Antifragile

Il valore reale dei risultati: oltre i numeri

Andrea:

Quanti Studi hai portato a fatturare 1 milione?
O, in alternativa, a quanti altri hai contribuito a far aggiungere un milione — o più — a quello che già stavano facendo?

Perché poi è giusto prendersi i meriti corretti.
Anche perché, sul campo, ci sono loro: noi li affianchiamo, certo, ma il lavoro lo fanno loro.

Quanti Studi hai affiancato ad arrivare al milione, e quanti hai aiutato ad aggiungere un milione o più a quello che già facevano?
Hai un’idea di questo? Te lo ricordi più o meno?

Silvia:

Allora, sì, ce li ho in mente — almeno quelli degli ultimi anni.
Forse perché, negli ultimi tempi, è un focus che mi è entrato maggiormente in testa, e quindi ho più chiara la situazione recente.

So che almeno 8-10 Studi, negli ultimi tre anni, hanno fatto l’una o l’altra cosa:
o sono arrivati al milione, oppure sono riusciti ad aggiungere un milione a quello che già facevano.

Ma — e questo, come spesso dici tu, è un po’ “vanità”, no? — nel senso che è bello dire “Ho raggiunto il milione, l’ho superato, sono arrivato anche oltre.”
Però la cosa che, a me personalmente, dà più soddisfazione è la parte bassa del nostro Controllo di Gestione, cioè quella relativa al MOL.

Perché ci sono Studi che magari non sono ancora arrivati al milione, ma che hanno aumentato drasticamente la loro capacità di generare profitto, e quindi si sono allontanati in modo importante dal punto di pareggio.
Ed è questo che dà davvero solidità allo Studio.

Quindi, sì, il milione è bello da dire — “Ho superato il milione, ho fatto il secondo, il terzo milione” — ma la vera soddisfazione arriva quando puoi aggiungere anche:
“Ho portato la stabilità del mio MOL su una linea costante, al di sopra del 17–18%.”

Quella è la parte che dà davvero soddisfazione.
E se a questo si aggiunge un conto corrente sano, quindi la solidità finanziaria di cui parlavi anche tu, allora sì: lì abbiamo fatto 100.

E questa seconda parte — il MOL a un certo livello e la solidità finanziaria — direi che non riguarda il 100% degli Studi, perché non sarebbe realistico, ma un buon 80–85% sì.
Li vedo chiaramente in questa condizione.

Magari non sono ancora arrivati al milione — anche perché dipende dalla tipologia di prestazioni che offrono — ma sicuramente hanno reso solida la struttura che hanno.

E cioè, a parità di struttura, la differenza tra uno Studio che fa un milione e uno che non ci arriva è spesso data proprio dal tipo di prestazioni.
Uno Studio che fa molta implantologia, per esempio, arriva più facilmente a quei numeri.
Uno che ne fa poca, invece, ha più difficoltà.

Però la solidità alla base del Controllo di Gestione, quindi il MOL e ciò che c’è in banca, è sempre molto, molto forte.

Non so se ho risposto alla tua domanda…

L’Antifragilità come chiave del successo

Andrea:

Hai risposto alla domanda e non solo: hai anche fatto il collegamento successivo proprio al ragionamento che mi faceva piacere fare con te.

Perché, mentre tu parlavi e mentre ti facevo la domanda, stavo contando gli Studi che hai seguito in tutti questi anni.
E sì, tu hai detto una decina; io avevo in testa 15-20, nel percorso un pochettino più lungo, quindi ci sta assolutamente, no?
Un 10% circa di quel numero che dicevi all’inizio.

Ti avrei fatto una domanda successiva — ma hai già risposto — che sarebbe stata:
“Le Idra che adesso andiamo a definire erano solo quelle lì?
E l’Idra era collegata al fatturato, oppure no?”

E hai detto molto bene.
Oggi c’è tantissimo questo mito.

Io, anche per curiosità, sono andato a guardare i bilanci di strutture iper-performanti da un punto di vista di fatturato.
Chi vuole veramente essere solido sul mercato sa che il fatturato…

Hai toccato un tema che provo a riorganizzare in questo modo — mi è venuto in mente in questo istante, quindi forse scricchiola il ragionamento — ma ho la sensazione che possa stare in piedi.

L’orientamento al fatturato è il classico orientamento da Damocle, perché è un parametro di pura vanità.
Perché “fa figo” dire: “Faccio X di fatturato.”

Ok.

Il tema del profitto, che molti sostengono — “Devi lavorare per il profitto, perché è quello che conta davvero” — per me, invece, è un orientamento da Fenice, non da Idra.

Perché quello io lo chiamo, in modo molto marcato, “il profitto di carta”.

Perché?
Perché è quello scritto sulla carta del bilancio o della dichiarazione dei redditi.
Ma, di nuovo, non è con quello che ci mangiano.

Sono sicuro che chi ci ascolta si sia trovato più volte ad avere un bel profitto, ma poi non avere i soldi sul conto corrente per pagare.
Ecco, tu potresti fare l’elenco da questo punto di vista, no?

Quindi, quello è Fenice.

E poi, in realtà, quello che conta davvero — che comincia a trasformare uno Studio in un Idra — è proprio questo:
uno Studio che, nel caos e nelle difficoltà, non solo si rialza, ma diventa più forte di prima e accelera.

È quello Studio che non ha tanto il focus nemmeno sul profitto di carta, ma che ha un’ottima fetta di profitto disponibile,
cioè quella quota di profitto che il Titolare può prelevare, investire, utilizzare per fare attività.

Magari per acquisire ancora più Pazienti, o per acquistare tecnologie che gli permettono di lavorare più velocemente, ma anche per fare “effetto cinema” — e sempre con la finalità di diventare più interessante per il mercato e acquisire quote di mercato.

E allora arriviamo qua.
Perché abbiamo dato tutta una serie di input, ma quello che a noi piace fare — a noi piace creare — sono degli Studi Idra.

E nella mitologia, l’Idra, quando la attaccavi, la colpivi e le tagliavi una testa, gliene ricrescevano due.
Quindi questo concetto che, nel caos, si prospera nel caos.

Tra l’altro, il concetto di Antifragilità è stato coniato e definito proprio in questa maniera da Nassim Nicholas Taleb — tra l’altro, un libro che a me ha veramente illuminato tanto.

L’evoluzione del Titolare: da Damocle a Idra

Andrea:

Ecco, la domanda per te è: quali sono quei meccanismi di crescita che vedi attivarsi in maniera quasi automatica negli Studi Idra che segui e che si trovano in un qualche tipo di caos, interno o esterno?

Prima hai fatto un esempio di una situazione Idra di caos interno.
Cosa fanno, concretamente, per diventare più forti?

Puoi farci degli esempi?
Hai esempi di Studi che segui, o che i Coach seguono, che hanno dimostrato questa capacità — quella di riuscire a prosperare nel caos?

Quando gli altri rallentavano, loro acceleravano.
Quando gli altri giocavano per non perdere, loro giocavano per vincere.
Acquisivano quote di mercato.
Quando gli altri fermavano gli investimenti, loro invece mettevano sul tavolo nuovi investimenti.

Qualcosa di questo tipo?

Silvia:

Ma guarda, mi è venuto in mente adesso, proprio mentre parlavi.
Ero qui che pensavo: “Adesso cosa gli dico?”
In realtà mi è venuto in mente questo esempio, proprio adesso: quello di uno Studio che, quest’anno, dopo una crescita folle per diversi anni, si è fermato.

E ci siamo chiesti:
“Ma cosa sta succedendo?”

Perché, ovviamente, dici: “Ho messo in piedi un sacco di attività, ma quest’anno…”.
Tra l’altro, aveva più Prime Visite, più preventivi effettuati, ma a livello di risultati si era un po’ plafonato.

Allora siamo entrati nei numeri, abbiamo cercato di capire — e anche qui, attaccaci pure la faccia, perché ce l’hai ben presente — e abbiamo capito che, semplicemente, aveva fatto una sorta di switch nelle sue proposte terapeutiche.
Era passato da una certa tipologia di piani di cura a un approccio più orientato alla prevenzione, per poi arrivare eventualmente a proporre piani terapeutici più importanti.

Però questo, di fatto, lo aveva rallentato.

C’è stato un momento in cui mi ha proprio detto:
“Silvia, io non voglio giocare per non perdere, voglio giocare per vincere. Voglio investire in quell’altro ambito.”

Il suo budget annuale non lo prevedeva — perché noi, all’inizio dell’anno, facciamo sempre il budget di marketing e pianifichiamo tutto — ma lui ha capito qual era la situazione, ha capito dov’era il problema e ha deciso di risolverlo.
Ha detto: “Voglio almeno provare a risolverlo, voglio rimettermi in gioco anche rispetto a questo altro ambito di sviluppo.”

E così ha messo dei soldi sul tavolo per fare attività di marketing in una direzione diversa rispetto a quella che aveva mantenuto durante tutto l’anno.
Non ha sostituito, ma ha aggiunto attività di marketing: un investimento in più.
Perché, come ha detto lui, “Io voglio giocare per vincere”, e andare proprio in quella direzione.

Mi ha illuminato quando hai detto “giocare per non perdere, ma giocare per vincere”, perché sono state esattamente le parole che ha utilizzato lui.

E questo, secondo me, è eclatante, perché è ciò che trasforma davvero uno Studio in un Idra.
Perché chiunque altro si sarebbe fermato dicendo:
“Vabbè, sta finendo l’anno… aspettiamo, vediamo, cerchiamo di non perdere troppo; a fine anno valutiamo cosa fare di nuovo.”

Invece lui ha spinto sull’acceleratore, per andare in quella direzione, per recuperare quello che poteva negli ultimi quattro mesi e per poi essere comunque più forte successivamente.

Ed è un atteggiamento, proprio questo, che fa la differenza.
Questa è una persona che ha fatto davvero tutto il percorso: da Damocle a Idra.
Ha attraversato tutti gli step e oggi è nella condizione in cui sta già pensando a come aprire uno Studio più grande.

Ha davvero cambiato la sua mentalità, il suo atteggiamento.
Perché poi io credo che tutto parta da lì: dal proprio atteggiamento, nella direzione che scegli di prendere.

Lo Studio Damocle fugge dal malessere, lo Studio Idra costruisce benessere

Andrea:

E visto che lo hai nominato tu… lo nomino anch’io.
Stefano, in effetti, ha fatto un ottimo lavoro da questo punto di vista.

E guarda, hai detto una cosa che mi ha fatto fare un ragionamento, un passaggio, ricollegandomi a qualcosa che forse, tempo fa, citavo più spesso.
Non so come l’ho detta, ma più o meno un senso compiuto c’era.

Mi ha fatto riflettere sul concetto di malessere, normalità e benessere.
Questi tre stati del nostro essere.

Ragionavo sul fatto che, con quello che hai detto, forse tante volte Damocle tende a scappare dal malessere.
Tutto quello che fa, lo fa per evitare di non avere quello che desidera: il denaro che gli serve per la sua vita, per il suo stile di vita, per lo Studio.
Fa le cose per non avere troppi problemi, no?

Quindi magari cerca di restare in una certa dimensione di Studio.
Perché poi non abbiamo ancora parlato di quanto si diventa più fragili man mano che si è meno adatti al mercato moderno.

Banalmente, un mercato che rende l’odontoiatria sempre più costosa, richiede un numero di poltrone sempre un po’ più grande.
Con quella previsione che noi — e non solo noi — facciamo da tempo: caleranno drasticamente i numeri degli Studi, intesi proprio come unità, perché ognuno sarà più grande e avrà più poltrone all’interno, per una questione di ripartizione dei costi e di marginalità delle prestazioni.

Tante volte il Damocle, pur consapevole che ciò che sta facendo è un’illusione — quella tavola imbandita che sembra funzionare — preferisce non toccare nulla, “perché funziona”.
Magari va male qualcosa e… quindi meglio non muovere troppo le acque.

C’è tanto, in questo, il desiderio di fuggire dal malessere.
Ma il mondo esterno, purtroppo, non si organizza per permettere alle persone di concretizzare i propri piani.
Di solito, si organizza per metterci i bastoni tra le ruote.

E così, il Damocle, che gioca solo per non avere malessere, appena qualcosa va storto, si ritrova a vivere nel malessere.

Riflettevo anche sul concetto della Fenice, che invece è capace — con resilienza — di tornare sempre alla sua normalità.
La chiamo “normalità” perché è una forma di sopravvivenza, no?
La Fenice punta lì.
Il mondo esterno le mette i bastoni tra le ruote, e se qualcosa va male, lei cade nel malessere… ma poi risale alla normalità.

E, a pensarci, nel lungo periodo continua a rimbalzare tra normalità e malessere, normalità e malessere.

Con l’esempio di Stefano, mi è venuto da riflettere sul fatto che il Titolare dello Studio Idra, invece, non solo gioca per vincere: gioca per il benessere, per quella condizione di benessere totale e soddisfazione.

Cioè, dice: “Voglio crearmi uno Studio vendibile domani. Non perché voglio venderlo domani, ma perché, se per una qualsiasi ragione decidessi di venderlo, o dovessi farlo, o volessi cambiare vita domani, sono libero di poterlo fare.”

Perseguire il benessere, quindi.
Oppure: “Voglio fare uno step di crescita.”

E allora, lo Studio Idra, se va male, vive comunque tra la normalità e il benessere.

E questa è stata la prima riflessione che ho fatto su quello che hai detto di Stefano.

E mi aggancio a una seconda.

Riflettevo su un’altra “lampadina” — su un altro cliente — e riguarda il Marketing e la disponibilità di denaro.

Stefano, avendo costruito uno Studio solido, ha già molte caratteristiche di Antifragilità.
Magari non è completamente Antifragile, ma ha già tante di quelle caratteristiche che gli permettono di dire:
“Ho una riserva finanziaria che mi permette di andare overbudget rispetto a quelle che sono le possibilità di spesa che abbiamo definito all’inizio dell’anno, calibrate sulle disponibilità.”

Va in overbudget, gioca il carico.

Ecco, una delle cose che vedo spesso fare agli Idra — poi magari mi dici anche la tua su questo, se è una distorsione o meno — è proprio questa:
nel momento in cui hanno risorse, non le lasciano ferme.

Oppure non necessariamente le prendono tutte.
Ne prelevano magari una parte, come forma di premio per il lavoro fatto, ma non lasciano i soldi fermi o non se li mettono tutti in tasca.

Li reinvestono.
Li mettono in qualcosa che crea ulteriori asset, per rendere tutto ancora più forte, ancora più solido.

E mi veniva in mente chi, in una zona con poche risorse, cercava di entrare e fare un po’ di pubblicità corretta — nel rispetto delle regole — per acquisire nuovi Pazienti.
E poi quell’altro che, con più solidità finanziaria, non ci metteva 1.000 euro, ma 5.000, creando anche una barriera che rendeva più difficile per i competitor fare pubblicità efficace.

Perché investiva tanto, saturando il mercato geografico attorno a sé e lasciando meno spazio ai concorrenti.

È una strategia aggressiva, certo, nei confronti della concorrenza.
Però, tante volte, chi è arrivato a costruire uno Studio Idra, in momenti come quello del Covid — dove tutti fanno cinque passi indietro per “giocare per non perdere” — dice:
“No, no. Aspetta. Approfitto di questo momento: siamo fermi? Allora acceleriamo i lavori di questo, o di quell’altro, oppure facciamo attività per acquisire ulteriore solidità.”

Senza accontentarsi e senza gongolarsi per la posizione raggiunta.
Perché, in realtà, quella posizione dice poco.

Ti torna? Ha senso? Vuoi aggiungere qualcosa?

Silvia:

Sì, ha assolutamente senso e condivido il pensiero, così come il fatto che la disponibilità di poter investire influisca su tutto.

Adesso tu hai fatto l’esempio del Marketing, però io voglio aggiungere un altro esempio:
voglio cambiare Studio.
Perché ho capito che restare in uno Studio piccolo non rappresenta il futuro, e ho la solidità per poterlo fare, perché posso permettermi di cambiare Studio.

Di conseguenza, posso investire per generare sempre più Pazienti che arrivano all’interno del mio Studio.

Quindi non è solo una questione di Marketing, ma in generale di investire in qualunque ambito:
nell’introduzione di nuove tecnologie, nella creazione di uno Studio più performante, oppure nell’inserimento di nuove persone all’interno del Team — un Team più numeroso, che possa lavorare meglio.

Quindi sì, l’aspetto della solidità fa sì che si possa davvero investire in tanti ambiti differenti per far prosperare sempre di più il proprio Studio.

Sì, condivido. Condivido assolutamente.

La resistenza più comune: la paura di mettersi in discussione

Andrea:

Questo tema è caldo, perché tra qualche settimana abbiamo la nostra Reunion, l’Aggiornamento Allievi Accademia, l’evento annuale che facciamo con tutti i nostri clienti.
E la tematica sarà proprio quella dell’Antifragilità.

E ho voluto lavorare su questo tema quest’anno — non tanto per te, perché so che lo conosci bene — ma per chi ci ascolta.

Ho voluto portare questo argomento perché, tra i nostri clienti, arrivano da noi Damocle, arrivano Fenici… e credo che nella nostra storia siano arrivati anche Idra, naturalmente, senza che noi dovessimo fare molto, se non fluidificare ulteriormente la loro crescita.

Abbiamo clienti a tutti i livelli di evoluzione, come dicevi tu.

In quella sala ci sarà qualcuno che è con noi da 10, 12, 13, 14, 15 anni, e qualcun altro che invece ha terminato o sta implementando adesso il Sistema Operativo Profit Monday.

Quelle persone sanno cosa devono fare per diventare Idra, perché noi forniamo i protocolli, le procedure, i processi e indichiamo chiaramente dove indirizzare il tiro.

Poi ci siete voi Coach, che seguite circa il 70% dei clienti, e di conseguenza fornite loro anche il libretto di istruzioni, per utilizzare e tenere insieme tutte queste cose.

Quello lo sanno.

Io credo profondamente che una delle questioni che blocca maggiormente le persone nell’evoluzione da Fenice a Idra non sia tanto una questione tecnica, quanto una questione mentale.
Una questione di forza interiore, di atteggiamento.

Allora, domanda per te:
qual è la resistenza interna che tu — e anche gli altri Coach — vi trovate a gestire più spesso, perché si ripete in tante persone diverse e blocca il loro salto evolutivo?

 

Silvia:

Così, su due piedi, mi viene in mente una cosa legata al non essere in grado di mettersi sempre in discussione.
Cioè: avere paura di mettere in discussione ciò che hanno fatto fino a oggi, perché lo reputano la cosa più corretta.
“Se l’ho fatto fino a oggi, allora è giusto.”

E quindi… ti faccio un esempio pratico, perché forse così si capisce meglio quello che voglio dire.
Mi è venuto in mente proprio perché ne parlavo con un cliente qualche giorno fa.

Partiamo sempre dai numeri, no?
Quando iniziamo le nostre sessioni, c’è un dettaglio: noi abbiamo il nostro cruscotto della Customer Experience, dove fondamentalmente ci sono i numeri —
il numero di preventivi presentati, il valore presentato, il numero di preventivi accettati, il valore accettato e la percentuale di accettazione.

Spesso — ed è qui la parte più complessa — quando capiscono questo meccanismo, poi diventano davvero degli Idra.

Molto spesso, i Titolari hanno paura nel vedere quel numero.
Vedono una percentuale di accettazione molto positiva, molto alta, magari anche al di sopra dell’80%,
e quindi dicono:
“Vedi? Sono bravo a far accettare i preventivi.”

Certo, sei bravo a far accettare i preventivi… ma perché proponi preventivi mediamente di 200, 300 o 400 euro.
Quindi sì, sei bravo a far accettare i preventivi piccoli, ma non a far accettare i preventivi in generale.

E questa cosa è proprio quella resistenza al cambiamento di cui parlavi prima.

Perché loro pensano:
“Vabbè, io devo avere tanti Pazienti, devo fare in modo di non perderli.
Quindi faccio le cose piccoline, giuste giuste, perché così li fidelizzo, li faccio restare con me e faccio accettare i preventivi.”

Peccato che quel modo di ragionare se lo portano dietro costantemente…
e i preventivi rimangono sempre minuscoli.

Lo switch è proprio questo:
“Guarda che ti basterebbe anche una percentuale di accettazione un po’ più bassa — anche al di sotto del 70% o dell’80%, quanto era che ho detto prima — ma con un valore di preventivo medio molto più alto, che ti permetterebbe di avere gli stessi soldi.”

Perché se alzo il valore medio e abbasso un po’ la percentuale, alla fine ottengo più o meno gli stessi risultati,
forse anche di più.

E ho più tempo libero, perché non devo fare 2.000 Prime Visite e 2.000 preventivi per ottenere lo stesso fatturato.

Quindi: renditi conto che, facendo in quest’altro modo, probabilmente ottieni risultati migliori con un effort molto minore.

Ma la loro resistenza è sempre quella del:
“E se poi perdo il Paziente? E se poi il Paziente mi dice di no?”

 

Andrea:

Quel “giocare per non perdere” di cui parlavamo prima.

 

Silvia:

Bravo, esattamente.
È proprio questo.

E personalmente lo vedo, lo vedo spesso nei clienti che seguo io.
E ultimamente — lo dicevo prima — mi sta capitando di notarlo ancora di più.

Quindi non so se nel mercato stia succedendo qualcosa che li fa spaventare in questo senso.


Andrea:

Beh, diciamo che il mercato attuale, per chi osserva con attenzione le sue dinamiche, sta mostrando che è molto probabile che una nuova Lehman Brothers sia dietro l’angolo.
Stanno cambiando le regole del gioco in maniera notevole.
E questo cambierà anche la psicologia dei Pazienti, quindi — da un certo punto di vista — è comprensibile.

 

Silvia:

Ok, giusto, hai ragione.

E infatti, quando poi riescono a fare questo switch — “Ma fallo! Provaci! Tanto al massimo ti dicono di no. Cosa può succedere mai?” —
monitoriamo un mese, facciamo un monitoraggio molto più serrato e valutiamo cosa sta succedendo.

E quando riescono a fare questo passaggio mentale, poi è davvero molto più facile arrivare al risultato.

Quindi, non so se mi sono spiegata, ma credo che sia proprio una questione di atteggiamento, una paura profonda, quasi recondita, del tipo:
“Oh mio Dio, perdo il Paziente.”

E invece io dico loro di fare proprio il contrario.

Fare un preventivo importante per lo Studio non significa prendere in giro il Paziente, tutt’altro.
Anzi, significa proporre il Piano di Cura migliore per la problematica che ha.

Poi è ovvio che sarà lui a decidere se seguirti o meno.
Magari gli dai anche altre alternative, certo, in modo che possa scegliere.

Ma se tu gli proponi solo la versione ridotta, non è che gli stai dando una vera alternativa:
gli stai limitando la scelta per paura di perderlo.

E poi molti dicono:
“Le altre cose gliele propongo dopo.”

Eh, ma tanto poi non lo fanno comunque.
Molto spesso, quelle persone vanno a fare quei trattamenti da un’altra parte.
E quello sì, ti fa perdere davvero quel Paziente lì.

Esattamente.

E quindi, secondo me, questa è una forte resistenza, che a volte si risolve anche semplicemente con un po’ di fiducia in se stessi, no?

“Fallo. Datti fiducia per un mese. Vediamo cosa succede.”

E in quel mese monitoriamo cosa hai fatto di diverso rispetto al mese precedente:
ha dato risultati? Perfetto, continua.
Non ha dato risultati? Ritaramiamo.

Lo status quo come nemico dell’evoluzione

Andrea:

Mi hai fatto riflettere su una sfumatura, alla quale arrivo tra un istante.

Credo che dipenda tantissimo dal fatto che tutto quello che queste persone ottengono oggi — e quindi mi hai descritto una situazione molto da Damocle, quindi di uno Studio che è all’inizio di un percorso di crescita e di evoluzione — dipende dal fatto che, anche se sa cosa dovrebbe fare, non ha grande forza interiore, perché gli mancano dei riferimenti.

E tutto quello che gli sta capitando, questa persona — consciamente o inconsciamente — è consapevole del fatto che gli sta capitando per caso.

Mi spiego: quel Paziente che ha lì in Prima Visita “gli è arrivato”, ma non sa bene nemmeno come.
E quindi l’idea di non averlo, visto che non sa come replicarlo, lo mette ancora di più nella condizione che stavi descrivendo.
E mi risuona molto.

Credo che questa sia una delle cose che blocca tanto il passaggio da Damocle a Fenice — che, per quanto mi riguarda, non vorrei bistrattare, ma vorrei che fosse chiaro che è il primo stadio di evoluzione dello Studio, no?
È il momento in cui si mette davvero in sicurezza il proprio Studio.

E allora riflettevo sui pochi Studi con cui lavoro — perché me ne lasciate pochi, no? — ma pensavo ai Quantici, che sono gli unici clienti con i quali lavoriamo insieme e che seguo direttamente.

Quello che tu hai detto mi ha fatto riflettere su un’evoluzione di quel concetto: la paura di abbandonare lo status quo.
Cioè, la paura di lasciare ciò che hanno sempre fatto o ciò che hanno iniziato a fare da quando hanno seguito il tipo di input che stavi descrivendo.

Questo li ha portati a fare le cose in modo diverso, a creare una nuova normalità che, questa volta, funziona.
A quel punto, però, entra la paura di cambiare e di modificare quello status quo.

E qui, secondo me, c’è un tema che fa una grande selezione tra chi rimane Fenice e chi evolve a Idra.

Perché se continui a fare quello che hai sempre fatto, continui a ottenere gli stessi risultati che hai sempre ottenuto — o peggio.
Peggio, perché il mercato attorno a te evolve.

Quello che hai sempre fatto, che prima funzionava, al massimo ti farà ottenere ciò che hai sempre ottenuto.
Ma, a un certo punto, ciò che hai sempre fatto smette di funzionare.
E se continui ad applicarlo, peggiora la situazione sempre di più.

Basta vedere chi cerca di gestire lo Studio nello stesso modo in cui lo gestiva negli anni d’oro: non ottiene più risultati.

Quindi, tante volte, ciò che blocca le persone dal passare a Idra è proprio il fatto di andare contro lo status quo.

A un certo punto, se vuoi ottenere un livello di risultato superiore — e dovresti volerlo fare — perché, ragionando da un punto di vista economico, ogni anno il tuo Studio dovrebbe crescere almeno per far fronte…
non tanto all’inflazione (che è un paniere di beni, e non so quanto rappresentativo oggi del vero aumento del costo di ogni cosa),
ma perché, secondo me, un imprenditore — un Titolare di Studio Dentistico — dovrebbe crescere anche per un’altra ragione.

E spesso faccio l’esempio del pizzicotto, no?

Se chi ci ascolta si dà un pizzicotto sul braccio — non forte da fare un livido — ma continua a stringere con le dita finché sente un dolorino e rimane lì, senza mollare, continuando a stringere…
dopo qualche secondo ti rendi conto che il tuo cervello filtra quel dolorino, no?
Tende ad assuefarsi alle cose.

L’essere umano lavora, fa crescere il suo fatturato, aumentano i suoi guadagni, cresce il suo stile di vita.
All’inizio gli sembra una cosa wow, ma dopo un po’ diventa normale.
E allora va a ricercare qualcosa di più.

Quel ricercare la crescita, banalmente, è anche il normale riflesso delle necessità di uno Studio e di uno stile di vita.
Una persona fa crescere il suo Studio, guadagna di più; nel frattempo cresce la famiglia, crescono i figli, e quindi il bisogno di denaro per sostenere questo sistema aumenta sempre di più.

Di conseguenza, se vuoi creare uno Studio Idra, devi essere disposto a lasciare andare ciò che stai facendo,
che al massimo ti permette di ottenere i risultati che hai sempre ottenuto,
e iniziare a fare qualcosa di nuovo per poter arrivare a un livello di performance superiore.

Silvia:

Anche accettando, per un periodo, di essere in una situazione peggiorativa rispetto a quella a cui eri arrivato.
Perché questa è un’altra cosa che blocca moltissimo, no?

Il fatto di dire:
“Non so se ce la faccio ad accettare di tornare un po’ indietro, a guadagnare un po’ di meno, ad abbassare un po’ il mio tenore di vita per fare qualcosa di più grande, che poi mi porterà sicuramente più avanti.”

Perché poi, alla fine, chi cambia Studio e va in una condizione migliore, guadagna di più.

E questo lo vedo molto negli Studi Fenice, che non riescono ancora a fare quel passaggio.
Il tema del cambio di Studio è un argomento che, ultimamente, sento spesso.
Molti degli Studi che seguo sono proprio in quella fase del “Lo faccio o non lo faccio?”

E una delle motivazioni principali è proprio questa:
“Non so se posso — o se voglio — permettermi di stare per un po’ in una condizione peggiorativa rispetto a quella attuale.
Riesco a tollerare questo dopo che mi sono abituato all’agio?
Chi me lo fa fare?”

Ed è, ovviamente, una mentalità più frequente nei Titolari un po’ più avanti con l’età, no?
Perché è anche comprensibile.

Però, dall’altro lato, magari sono proprio quelli che hanno i figli che studiano all’università per fare lo stesso lavoro.
Quindi, voglio dire, qual è la condizione migliore?
O magari sono quelli che non vorrebbero che la loro pensione fosse l’ENPAM.

Andrea:

Esatto.

Silvia:

Questa è assolutamente una cosa che vedo molto, e che può rappresentare proprio quel passaggio:
“Se lo faccio, divento Idra.
Se non lo faccio, rimango Fenice.”

Andrea:

Eh, assolutamente sì.

Il valore umano dietro la crescita professionale

Andrea:

Senti, un’ultima domanda — anche perché ormai si è fatta una certa, e dopo vengo sgridato per la lunghezza delle puntate.
Le persone le ascoltano quando vanno o tornano dallo Studio, e ogni tanto mi mandano dei messaggi tipo: “Un po’ più corta, mezz’ora sarebbe l’ideale.”

Allora, l’ultima domanda per te.

Ed è una domanda alla quale ti chiedo di rispondere con il cuore, non tanto con la testa o con il ruolo da Responsabile dei Coach di Accademia, da quella che ha affiancato più di 200 Studi in questi anni, 10-15-20 portati oltre il milione o che hanno aggiunto un milione in più.
No, proprio a livello personale: una risposta che arriva dal cuore.

Qual è il momento più emozionante per te, quando vedi passare uno Studio da fragile ad Antifragile?
Qual è la cosa che ti riempie di più il cuore, che ti intenerisce di più, che ti fa venire gli occhi lucidi, insomma?

Silvia:

Vedere proprio le persone che ce l’hanno fatta.

Perché, come hai detto prima, quando mi chiedi “Quanti Studi hai portato a…”, io — lo sai — sono molto umile.
Credo davvero che facciano tutto da soli.
Noi siamo solo delle guide che li aiutano ad andare in una direzione piuttosto che in un’altra.

C’è stata una volta in cui un cliente mi ha davvero emozionata.
Aveva cambiato Studio due volte, e quindi, in questa sua evoluzione, la seconda volta era andato in uno Studio molto più grande.

E io gli ho proprio scritto — perché ci stavamo messaggiando —:
“Sono veramente orgogliosa del percorso che avete fatto.
Eravate in un modo, siete diventati qualcos’altro.
Siete davvero in uno stadio di evoluzione che… se penso a com’eravate, facevo fatica a immaginarvi così.
E quasi mi mancherete, perché ormai siete in una situazione in cui, obiettivamente, non vi servo più.”

E loro mi hanno risposto:
“No, Silvia.
Intanto ricorda che hai visto volare i tuoi coachee, che hanno messo le ali e sono andati per la loro strada da soli.
Ma tu resti comunque il nostro faro.
Sappiamo che, qualunque cosa dovesse capitare, saresti lì per aiutarci ad andare nella direzione giusta.”

Questa è una cosa che io sento profondamente: quando lavoro con gli Studi, sento come se fossero miei.
Ragiono con i Titolari come se stessi ragionando sulla mia attività.

E loro questo lo percepiscono, me lo dichiarano, e questo mi intenerisce molto.
Mi fa dire: “Sei sulla strada giusta, stai facendo la cosa giusta.”

Perché si crea anche quel legame profondo, per cui le persone rimangono collegate a te anche negli anni successivi,
anche se magari non ne hanno più tutto questo bisogno.

Andrea:

Ascolta, mentre ti sentivo parlare — molto emozionante, molto bello — il mio cervello stava pensando: “A chi stava pensando?”
Fammi capire: è per caso lo Studio che, nei due passaggi di crescita — dal primo step al secondo — ha, nelle fondamenta, murato nei due cambi… cioè, ha gettato nel fondamento dello Studio… sono loro?

Silvia:

Sono Andrea e Mari.

Andrea:

Ci ho preso!
Tra l’altro, li salutiamo.
Sai che, secondo me, mentre noi parliamo, loro sono a New York, per la Maratona di New York in questo periodo?

Silvia:

Esatto, esatto.

Andrea:

Allora, in bocca al lupo anche per il risultato della maratona di New York!

Senti, Silvia, grazie mille.
È stata una bella chiacchierata.
A me piace tantissimo fare le interviste improvvisando, andando a braccio.
Secondo me, sono venute fuori delle cose molto carine e autentiche.

Grazie per essere stata qui.
E ne approfitto anche per ringraziarti del contributo prezioso che dai in Accademia, perché credo che chi ha ascoltato tutto questo l’abbia assolutamente percepito.

Silvia:
Grazie Andrea, grazie a te.
Arrivederci, ciao a tutti.

Andrea:

Vabbè, diciamolo dai: sei anche una tra gli Speaker del LAB A++!
Tra l’altro, c’è una plettora di Speaker notevoli… io praticamente non ho spazio!
Ma va bene così: mi faccio volentieri da parte.

E se non conoscete ancora chi saranno gli altri Speaker — e non avete ancora riservato il vostro posto — vi consiglio di scoprire qui tutte le voci dell’Antifragilità che saliranno sul palco del LAB A++ 2025.

Silvia:

Tanto sto già dicendo ai clienti che seguo: “Dai, venite a farmi il tifo!”
Ho già pensato anche a come posizionare le persone, in modo da avere davanti quelle che mi fanno il tifo.
Perché, organizzandolo, posso decidere dove mettere le persone!

Andrea:

Sì, infatti, organizzandolo hai fatto tutto: hai costruito e messo tutto in funzione di quello.

Grazie, ciao a tutti.
Vi aspetto nel prossimo episodio.

Ciao!

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